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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 21/12/2020

Pandemia, l’impatto sul modo femminile
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La pandemia ha travolto il lavoro femminile non solo in Italia, ma a livello mondiale. Questa è la situazione fotografata dall’ISTAT nell’ultimo Rapporto annuale. Il rischio che si sta correndo è che a causa della crisi economica attuale, l’uguaglianza di genere retroceda inevitabilmente.

Secondo i dati ISTAT se la situazione era già precaria prima dell’emergenza sanitaria, ora si è rivelata alquanto drammatica con circa 80.000 donne che hanno perso il posto di lavoro.

Il secondo trimestre del 2020 ha fatto registrare 470.000 occupate in meno rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente e soprattutto il tasso di occupazione femminile è del 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile. Ciò vuol dire che in Europa siamo al penultimo posto, un dato allarmante considerando il fatto che il livello di istruzione femminile è maggiore di quello maschile.

La maggiore contrazione si è registrata nell'occupazione a termine, con -327 mila lavoratrici e con un calo del 22,7%, nel lavoro autonomo (- 5,1%), nelle forme in part-time (-7,4%) e nel settore dei servizi, soprattutto ricettivi e ristorativi (dove le donne rappresentano il 50,6% del totale) e di assistenza domestica (dove sono l'88,1%).

Anche le imprese femminili sono state maggiormente colpite durante il periodo della pandemia e soprattutto si sono fermate le richieste di apertura di imprese femminili rispetto all’anno precedente.

In realtà già i primi sei mesi dell'anno dovevano rappresentare un forte campanello d'allarme, poiché durante il lockdown hanno dovuto gestire un sovraccarico di lavoro enorme, più impegnate degli uomini nell'attività lavorativa dei servizi essenziali in alcuni settori (scuola, sanità, pubblica amministrazione).

Inoltre, con la chiusura delle scuole, sono state molto impegnate nel lavoro in smart working e nell’assistenza dei figli impegnati nella didattica a distanza, con un livello di stress molto elevato. Se a tutto questo si aggiunge la scarsa flessibilità organizzativa di molte realtà lavorative, il malessere aumenta rendendo la vita delle lavoratrice madri troppo complicata da gestire.

La conseguenza sono i dati confermati dall’ISTAT, con una tendenza ad allontanarsi dal lavoro, rinunciando anche alla ricerca di un'occupazione o addirittura alla drastica scelta delle dimissioni.

Tale crisi sanitaria sta influendo di conseguenza anche sulla natalità, le crescenti difficoltà economica familiari unite all’incertezza del futuro sta portando a meno nascite. Nel 2019 i nati registrati sono stati 420.000; ora, secondo il report dell’ISTAT si attestano a circa 408.000, un minimo storico, che potrebbe peggiorare il prossimo anno.

Le decisioni politiche più che mai dovranno essere volte ad aiutare le tante donne lavoratrici che devono prendersi cura dei propri familiari, non solo dei propri figli, ma di parenti malati o anziani senza che siano costrette a drastiche scelte che le mortifichi professionalmente e umanamente.


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