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Torna indietro    da "ITALIA OGGI" del 07/12/2005

Valutazione sul post partum
L'interdizione dal lavoro post partum va valutata caso per caso dagli ispettori del lavoro e concessa soltanto al termine di una valutazione molto rigorosa dei rischi effettivamente presenti nelle varie situazioni lavorative, ponendo particolare attenzione al documento di valutazione dei rischi redatto dal datore di lavoro. È quanto precisa il ministero del lavoro nella nota protocollo n. 15/2005, in risposta ad apposito quesito formulato dalla direzione regionale del lavoro della Lombardia.

Interdizione dopo il parto
Il Testo unico sulla maternità approvato dal dlgs n. 151/2001 disciplina, tra l'altro, la particolare tutela della salute della lavoratrice per il periodo che va dalla gravidanza fino a sette mesi d'età del figlio. Durante tutto questo periodo (articolo 7), la lavoratrice non può essere adibita a lavorazioni insalubri e pericolose (trasporto e sollevamento pesi ecc.) che sono individuate da apposito decreto ministeriale e ha diritto di essere spostata ad altre mansioni. Stesso diritto di cambiamento delle mansioni, che in ogni caso non determinano mai la riduzione della retribuzione (resta quella corrispondente al suo ordinario inquadramento), spetta laddove il servizio ispettivo del ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accerti che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna. Quando la lavoratrice non può essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo può disporre l'interdizione dal lavoro. Inoltre (articolo 12), se dai risultati della valutazione dei rischi (operazione che il datore di lavoro è tenuto a fare/aggiornare quando ha notizia diretta o indiretta di dipendenti in gravidanza) deriva un rischio per la sicurezza della lavoratrice, il datore di lavoro deve adottare le misure necessarie per ridurlo, modificando temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro. Ove tali modifiche non siano possibili per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può disporre il cambio di mansioni e, ove anche tale cambio non sia realizzabile, scatta, come già detto, l'interdizione dal lavoro.

I chiarimenti
La drl Lombardia, riguardo a tale facoltà di disposizione dell'interdizione dal lavoro post partum per rischi ambientali, ha chiesto di sapere se ciò dovesse avvenire naturalmente nelle ipotesi di educatrici professionali nelle comunità alloggio per minori e di insegnanti di sostegno nella scuola materna ed elementare, in quanto situazioni a rischio di incolumità fisica (secondo un'equiparazione ampia ai reparti di cura di malattia mentali, ipotesi per le quali va automaticamente riconosciuta tale interdizione). Il ministero del lavoro, facendo proprio il parere della drl Lombardia, sostiene che l'autorizzazione all'interdizione deve essere valutata di volta in volta, per singolo caso. Riguardo alla situazione specifica esaminata, spiega che ´tali astensioni possono essere concesse solo dopo valutazioni molto rigorose dei rischi effettivamente presenti nelle varie situazioni lavorative, atteso che le lavoratrici operano in strutture che non sono genericamente assimilabili a centri di igiene mentale o a reparti di malattie infettive'. Inoltre, in linea di principio, evidenzia che, in sede di sopralluogo ispettivo, deve essere posta particolare attenzione al documento di valutazione dei rischi che il datore di lavoro è tenuto a istituire o a integrare, una volta che sia venuto a conoscenza dello stato di gravidanza di una dipendente. Perché attraverso una corretta e puntuale valutazione dei rischi, aggiunge, si può giungere a un abbattimento dei provvedimenti di astensione.

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