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Torna indietro    da "PENSONE LEX" del 07/12/2005

Non concorrono a formare il limite di reddito oltre il quale non è possibile ottenere il beneficio
Le erogazioni fatte per aiuto e quelle non obbligatorie, prive del carattere della continuità e come tali non prevedibili, non concorrono a formare il limite di reddito oltre il quale, ai sensi delle vigenti norme, non è possibile ottenere l’assegno sociale. In tal senso si è pronunciata la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione nella Sentenza 19 maggio - 11 agosto 2005, n. 16859, respingendo il ricorso proposto dall’INPS contro la sentenza sfavorevole all’Istituto emessa dalla Corte di Appello di Torino. L’INPS, con ricorso presentato in Cassazione e motivato principalmente dal fatto che sarebbe stato violato l’art. 3, comma 6, della legge n. 335/1995, aveva impugnato la Sentenza della Corte di Appello di Torino con cui era stato condannato a corrispondere dal 1° agosto 1999 l’assegno sociale a favore di un istante che, ad avviso dello stesso Istituto, per effetto dei contributi in natura e in denaro ricevuti dalla convivente, dalla famiglia della convivente e dalla figlia, aveva superato il limite di reddito consentito per potere conseguire l’assegno sociale in base al comma 6 dell’art. 3 della legge n. 335/1995. La Corte di Cassazione ha però respinto il ricorso dell’INPS sulla base, tra l’altro, delle seguenti argomentazioni. La soglia reddituale, superata la quale non è possibile ottenere l’assegno sociale, è definita dall’art. 3, commi 6 e 7, della legge n. 335/1995. Il comma 6 stabilisce che concorrono a determinare tale limite “i redditi […] di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva”. Il comma 7, per quanto in esso e nel comma 6 non espressamente previsto, richiama le disposizioni in materia di pensione sociale di cui alla legge n. 153/1969 e cioè, come già indicato nella precedente Sentenza della Cassazione 27 agosto 2004, n. 17087, richiama le disposizioni dei commi 3, 4 e 5, dell’art. 26 della stessa legge n. 153/1969, come modificate dall’art. 3 del DL n. 30/1974, convertito in legge n. 114/1974, in base alle quali non hanno diritto alla pensione sociale “coloro che hanno titolo a rendite o prestazioni economiche previdenziali ed assistenziali […] erogate con carattere di continuità dallo Stato o da altri enti pubblici”. Dall’esame di tale disciplina si deduce che la nozione di reddito, pur nell’ampio significato adottato dal comma 6 dell’art. 3 della legge n. 335/1995, non può comprendere le entrate che, come nella fattispecie, sono frutto di erogazioni fatte all’interessato dalla figlia, dalla convivente e dalla famiglia di costei, a titolo di aiuto e, quindi, prive del carattere della prevedibilità. Peraltro, il ricorso dell’INPS, secondo cui devono ritenersi rilevanti, ai fini del diritto all’assegno sociale, tutte le entrate di carattere patrimoniale ad eccezione di quelle espressamente escluse, è infondato anche con riferimento all’art. 26 della legge n. 153/1969 e successive modificazioni, perché, secondo le finalità perseguite dallo stesso articolo, le erogazioni, come quelle effettuate nel caso concreto, che siano prive del carattere della continuità, e perciò imprevedibili, e sulle quali l’interessato non possa fare affidamento, non rientrano nella nozione di reddito. Quanto alla precedente Sentenza n. 17087/2004, in essa la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione aveva avuto modo di affermare che, in applicazione dei commi 3, 4 e 5, dell’art. 26 della legge n. 153/1969, richiamati dal comma 7 dell’art. 3 della legge n. 335/1995, nelle voci da considerare per verificare il limite di reddito oltre il quale non è consentito concedere l’assegno sociale, l’INPS non avrebbe dovuto comprendere il sussidio mensile corrisposto da un Comune. In quel caso si trattava di una elargizione di cui il giudice di merito non aveva accertato la natura e che risultava priva di quel carattere di continuità, di cui le rendite e le prestazioni previdenziali erogate dagli enti pubblici debbono essere dotate per concorrere a formare il reddito.
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