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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 27/12/2005

Malattie gravi, part-time possibile.
Il lavoratore affetto da patologie oncologiche può trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, anche di tipo verticale, per rendere compatibile la resa delle prestazioni con la ridotta capacità lavorativa. Lo evidenzia il ministero del Lavoro nella circolare 40, del 22 dicembre scorso, passando in rassegna gli istituti posti a tutela dei lavoratori afflitti da gravi patologie.
Il Ministero innanzitutto sottolinea che l’articolo 2110 del Codice civile garantisce in caso di malattia, la conservazione del posto di lavoro per un periodo minimo stabilito dalla legge o dai contratti collettivi. Solo trascorso questo periodo, detto “di comporto”, di regola stabilito in 180 giorni, il datore può recedere dal contratto di lavoro per giustificato motivo, riconoscendo il prescritto preavviso. Il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto, ma anteriormente alla scadenza di questo, è nullo per la violazione della norma imperativa in quanto il superamento del periodo di comporto stesso costituisce una situazione autonomamente giustificatrice del recesso, che deve pertanto sussistere prima della comunicazione di licenziamento.
I contratti prevedono talvolta un ulteriore periodo di comporto, che deve però essere espressamente richiesto dal lavoratore e, seppure non retribuito, deve essere giustificato, per l’intera durata, da regolare certificazione medica.
Il calcolo del periodo di comporto è regolato dai contratti collettivi. Il ministero del Lavoro considera particolarmente significative le ipotesi di estensione del periodo di comporto che tengono conto delle particolari esigenze dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, che spesso necessitano di un periodo di cure più lungo di quanto la regola generale può prevedere.
A tal fine può essere utile usufruire della possibilità introdotta dall’art. 46 del Dlgs 276/2003: si tratta del diritto, per il lavoratore affetto da patologie oncologiche che comportino una ridotta capacità lavorativa, di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. E’ un diritto soggettivo, che non può essere opposto dal datore di lavoro il quale è tenuto a riportare il rapporto di lavoro a tempo pieno, su richiesta del lavoratore che, nel frattempo, abbia superato la crisi o gli eventuali effetti invalidanti delle terapie salvavita.
Ovviamente il datore di lavoro potrà rappresentare le proprie esigenze organizzative nella scelta delle modalità del part-time se orizzontale, verticale o misto, dell’orario e della sua distribuzione.
Sono, comunque, prioritarie le esigenze del lavoratore stante le finalità che la norma si pone, di tutela della salute come bene primario. Qualora dalla malattia oncologica derivi uno stato invalidante permanente, al lavoratore può essere riconosciuta una situazione di invalidità se la riduzione della capacità lavorativa non è inferiore a un terzo. Se lo stato invalidante è tale da essere ricondotto alla situazione di handicap grave riconosciuto dall’apposita commissione medica di cui alla legge 104/92, scattano particolari benefici, sia a favore del lavoratore che dei familiari.
Il lavoratore potrà, infatti, godere di due ore al giorno di permesso retribuito o, in alternativa, di tre giorni al mese. Lo stesso diritto è riconosciuto al familiare che deve assisterlo nelle cure, secondo l’art. 33 della legge 104/92.

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