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KATAWEB" del
22/03/2007
Indennità all'invalido civile anche se in ospedale
Non è legittima l'esclusione dall'accompagnamento per la presenza in un nosocomio pubblico
L’esclusione dalla fruizione dell’indennità di accompagnamento, prevista dal
comma 3 dell’art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18, per gli invalidi civili
totalmente inabili per i periodi durante i quali gli stessi siano ricoverati
gratuitamente in istituto, può non applicarsi se il ricovero avvenga in ospedale
pubblico che non sia in grado di prestare tutte le cure necessarie per
assicurare a detti invalidi un’adeguata assistenza. In tal senso si è
pronunciata la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione nella Sentenza 20
dicembre 2006-2 febbraio 2007, n. 2270, accogliendo il ricorso proposto dal
padre di una invalida civile grave contro la Sentenza n. 159/2004 con la quale
la Corte di Appello di Venezia, in riforma della precedente sentenza emessa dal
Tribunale di Verona, lo aveva condannato a rifondere all’INPS quanto da lui
percepito, in qualità di tutore, dal 1° febbraio 1995 in poi a titolo di
indennità di accompagnamento durante il ricovero gratuito in via permanente
della figlia invalida civile presso la struttura pubblica del Policlinico. La
Corte d’Appello di Venezia aveva giustificato la propria decisione con la
motivazione che il comma 3 dell’art. 1 della legge n. 18/1980 prevede
l’esclusione dell’erogazione dell’indennità di accompagnamento nel caso di
invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto. Ma la Corte di
Cassazione ha obiettato che nel caso di specie il ricovero in via permanente
dell’invalida era avvenuto in un ospedale pubblico che di per sé non può
costituire l’equivalente del ricovero gratuito in istituto. Secondo la Corte di
Cassazione è dubbio che il legislatore nel sancire la esclusione dall’indennità
abbia inteso significare che non spetti in ogni caso di “ricovero presso
qualsiasi struttura”. E’, invece, plausibile che il legislatore adoperando
l’espressione “istituto” si sia riferito ad una struttura in cui, oltre alle
cure mediche, al paziente totalmente invalido e non autosufficiente, come quello
del caso di specie, venga garantita un’assistenza completa, anche di carattere
personale, continuativa ed efficiente in ordine a tutti gli “atti quotidiani
della vita” cui l’indennità in parola è destinata a far fronte, tale da rendere
superflua la presenza dei familiari o di terze persone. Questa tesi è suffragata
dalla giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione che, tra l’altro, nella
Sentenza 2 novembre 1998, n. 10946, ha avuto modo di affermare che il ricovero
di un inabile totale, sprovvisto di mezzi necessari per vivere, in una struttura
pubblica non in grado di prestargli tutte le cura necessarie per un’adeguata
assistenza infermieristica, può giustificare, in via eccezionale rispetto a
quanto dispone testualmente l’art. 1 della legge n. 18/1980, il riconoscimento
del diritto all’indennità di accompagnamento anche per il periodo di ricovero
soltanto nell’ipotesi in cui, proprio a causa di tale necessaria integrazione,
l’assistito abbia subito un danno ingiusto perché costretto a retribuire il
cosiddetto “infermiere privato”. Alla luce di tale giurisprudenza deve
conclusivamente ritenersi che l’indennità di accompagnamento possa spettare
all’invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale pubblico purché
si dimostri che le prestazioni assicurate dallo stesso ospedale non esauriscono
tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita
quotidiana. Nella fattispecie una indagine su quest’ultimo aspetto non era stata
effettuata, per cui la Corte di Cassazione ha cassato la Sentenza impugnata dal
ricorrente, rinviando la decisione nel merito della causa alla Corte di Appello
di Bologna.
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