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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 24/08/2007

Mobilità lunga con 28 anni di contributi misti
Il lavoratore in mobilità ordinaria che abbia maturato presso l’INPS complessivamente 28 anni di contribuzione mista, derivante in parte da lavoro autonomo e in parte da lavoro dipendente, ove sussistano le altre condizioni richieste, ha diritto ad ottenere, ai sensi dell’articolo 7, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, il prolungamento del trattamento di mobilità (cosiddetta mobilità lunga). In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella Sentenza 8 giugno-21 luglio 2006, n. 16749, respingendo il ricorso proposto dall’INPS contro la Sentenza n. 159/2001 emessa dalla Corte d’Appello di Milano in favore di una lavoratrice collocata in mobilità dalla società datrice di lavoro. La Corte d’Appello di Milano, in favore di tale lavoratrice aveva confermato il diritto, riconosciutole dal Giudice di 1° grado, ad ottenere, in base alle disposizioni del citato articolo 7 della legge n. 223/1991, il prolungamento del trattamento di mobilità avendo accertato che l’interessata, allorquando era stata posta in mobilità era in possesso presso l’INPS del prescritto requisito dei 28 anni di contribuzione, di cui 22 anni e 7 mesi accreditati presso il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, e 7 anni e 5 mesi accreditati presso la Gestione speciale per i commercianti.

L’INPS, rifacendosi all’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione nella Sentenza 18 giugno 2002, n. 8840, aveva sostenuto che la lavoratrice in parola non aveva raggiunto il requisito dei 28 anni di contribuzione in quanto, mentre l’articolo 7, comma 7, della legge n. 223/1991, richiede il possesso di un’anzianità non inferiore a 28 anni nella “assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti”, espressione con la quale si intende far riferimento alla gestione pensionistica del lavoratori dipendenti, l’interessata non aveva provveduto a richiedere la ricongiunzione ai sensi della legge n. 29/1979, affinché le venissero riconosciuti presso il Fondo dei lavoratori dipendenti tutti i contributi posseduti per potere vantare in quel Fondo il prescritto requisito dei 28 anni di contribuzione al fine di ottenere il prolungamento della mobilità. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno, invece, ritenuto di non potere accettare questa interpretazione e di condividere il diverso indirizzo giurisprudenziale manifestato in varie successive Sentenze della stessa Corte di Cassazione, tra cui le seguenti:

  • 16 novembre 2002, n. 16169;
  • 20 gennaio 2003, n. 771;
  • 5 giugno 2003, n. 9007.

Infatti, ad avviso delle Sezioni Unite, l’espressione “assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti”, contenuta senza altre aggiunte nell’articolo 7, comma 7, della legge n. 223/1991, si riferisce non solo alla Gestione ordinaria pensionistica dei lavoratori dipendenti ma anche alle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi che hanno parimenti carattere generale e obbligatorio.

Secondo il disposto dell’articolo 7, comma 7, della legge n. 223/1991, i datori di lavoro versano i contributi per l’erogazione dell’indennità di mobilità alla Gestione INPS di cui all’articolo 37 della legge n. 88/1989. Peraltro, il comma 9 dello stesso articolo 7 prevede che i periodi di godimento dell’indennità di mobilità sono riconosciuti d’ufficio ai fini del conseguimento del diritto a pensione, stabilendo poi che le somme occorrenti per la copertura della contribuzione sono versate dalla suindicata Gestione di cui all’articolo 37 della legge n. 88/1989 alle Gestioni pensionistiche “competenti”, significando che gli stessi periodi di fruizione dell’indennità sono utili per il conseguimento dei 35 anni di contribuzione, necessari per la pensione di anzianità sia presso la Gestione dei lavoratori dipendenti sia presso le Gestioni dei lavoratori autonomi. Nelle situazioni di contribuzione mista, versata in parte presso le Gestioni speciali dei lavoratori autonomi e in parte presso la Gestione dei lavoratori dipendenti, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella Sentenza n. 28261/2005, per stabilire come accedere alla pensione di anzianità occorre fare riferimento al regime proprio della Gestione che eroga la prestazione.

Al riguardo va tenuto presente che la regola del cumulo automatico dei contributi accreditati in più Gestioni dell’INPS concerne esclusivamente la liquidazione della pensione in una delle Gestioni dei lavoratori autonomi, mentre ai fini della liquidazione del trattamento pensionistico nella Gestione dei lavoratori dipendenti è necessario che il requisito contributivo sussista con riferimento ai contributi versati alla stessa Gestione. Il beneficio del prolungamento dell’indennità di mobilità previsto dall’articolo 7, comma 7, della legge n. 223/1991, è finalizzato al conseguimento dei 35 anni di contribuzione necessari per la pensione di anzianità. In relazione a tale scopo, la norma in esame richiede, quindi, il possesso dei 28 anni di contribuzione al momento della cessazione del rapporto di lavoro, delimitando così l’erogazione dell’indennità per un periodo massimo di sette anni che mancano al limite dei 35 anni.

Ma ciò avviene indipendentemente dalla Gestione nella quale sarà liquidata la pensione di anzianità. Pertanto, la diversità di disciplina tra le Gestioni dei lavoratori autonomi e quella dei lavoratori dipendenti circa la utilizzazione delle contribuzioni afferenti a Gestioni diverse ai fini del conseguimento del requisito dei 35 anni, non influisce direttamente sull’accesso al beneficio della mobilità lunga, cioè del prolungamento della erogazione dell’indennità di mobilità. Infatti il requisito dei 28 anni è autonomo rispetto a quello dei 35 anni richiesti per la pensione di anzianità e si pone come strumento per il conseguimento, in epoca successiva, della pensione di anzianità sia nella Gestione dei lavoratori dipendenti sia nelle Gestioni dei lavoratori autonomi. Conseguentemente, l’assunto dell’INPS che valuta il requisito contributivo di cui all’articolo 7, comma 7, della legge n. 223/1991, con esclusivo riferimento alla Gestione pensionistica dei lavoratori dipendenti appare certamente errata. Di qui il rigetto del ricorso proposto dalla stesso Istituto previdenziale.

(Cassazione a Sezioni Unite 16749/2006 - 06 agosto 2007)


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