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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 23/02/2009

Uranio impoverito: le vittime perdono il 10% delle risorse
Dopo ben due commissioni di inchiesta parlamentare – l'ultima delle quali ha depositato la relazione conclusiva un anno fa (il 12 febbraio 2008) – e dopo uno strascico di polemiche, la vicenda dei proiettili all'uranio impoverito sta per conoscere, in mezzo a tanti dubbi e omissioni, almeno una certezza: quella del risarcimento alle vittime. Il decreto con le modalità per assegnare i 30 milioni stanziati per il triennio 2008-2010 ha ormai veste definitiva: ha ricevuto, infatti, l'ultimo via libera di Palazzo Chigi il 13 febbraio. Il 10% di quei soldi, però, non finiranno nelle tasche di chi – militare o civile (o loro superstiti) – ha contratto un tumore dopo aver operato in zone di guerra o in depositi di munizioni in cui si è fatto uso di ordigni all'uranio impoverito. Fino a un massimo di tre milioni sono, infatti, destinati alle spese per gli accertamenti sanitari e ambientali necessari per il riconoscimento delle cause di servizio. Non è poca cosa, tenuto conto che il risarcimento è una tantum e viene assegnato – secondo quanto previsto dal decreto – fino a esaurimento delle risorse sulla base di un piano di riparto che tiene conto del numero dei beneficiari. Problema rilevato anche dal Consiglio di Stato, chiamato a esprimere un parere sulla bozza di decreto. I giudici della sezione atti consultivi di Palazzo Spada hanno, infatti, richiamato «l'attenzione delle amministrazioni interessate sull'opportunità di evitare che siano sottratte disponibilità, per tre milioni di euro, al ristoro diretto dei soggetti colpiti dalle infermità e patologie, per destinarle agli accertamenti sanitari e ambientali». Esigenze che, invece, «potrebbero trovare adeguata copertura – hanno aggiunto i consiglieri di Stato – ripartendo la spesa tra gli ordinari stanziamenti di bilancio ricompresi nello stato di previsione dei ministeri competenti ». Gli accertamenti sanitari rispondono, infatti, «a un interesse pubblico generale». Il richiamo di Palazzo Spada non ha, però, avuto seguito, complici, con ogni probabilità, i risparmi a cui ciascun ministero è chiamato dalla situazione generale. E così le vittime dell'uranio impoverito dovranno rassegnarsi a vedere intaccato il gruzzolo che lo Stato ha destinato loro. Difficile al momento dire quanti siano i beneficiari. Il decreto prende in considerazione un arco temporale che va dal 1° gennaio 1961 al 31 dicembre 2010. Come evidenziato dall'ultima inchiesta parlamentare, non si dispone di dati certi. Quelli forniti dal ministero della Difesa alla commissione si riferivano ai militari impegnati, dal 1996 al 2006, in quattro teatri di conflitto (Balcani, Irak, Afghanistan e Libano) e registravano 312 casi di tumore maligno, che all'epoca aveva già causato il decesso di 77 soldati. C'è, inoltre, da sottolineare che non è stato ancora appurato – come la stessa commissione rileva – un nesso causale tra esposizione all'uranio impoverito e insorgenza del tumore. Il rapporto causa-effetto, però, non lo si può neanche escludere e «il fatto stesso che l'evento si sia verificato – sono le conclusioni della commissione –costituisce di per sé, a prescindere dalla dimostrazione cioè del nesso diretto, motivo sufficiente per il ricorso agli strumenti risarcitori ». Una fetta dei quali, però, ha preso altre vie.
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