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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 05/07/2009

Contratti a termine, la mappa delle deroghe
Un terzo dei contratti collettivi di lavoro rinnovati da giugno 2008 si è impegnato a definire le regole dei nuovi contratti a termine, dopo le modifiche della legge 247/2007 (che ha recepito il Protocollo sul Welfare) e del decreto legge 112/2008. L'analisi di 90 contratti – in molti casi è stata però rinnovata solo la parte economica – mette in evidenza, al di là della riproposizione della legge, l'attenzione nel definire la durata del contratto a termine in deroga, oltre il tetto dei 36 mesi, nello specificare i limiti delle assunzioni, il diritto di precedenza, le possibilità aggiuntive per la stipula, l'adesione alla previdenza complementare.

Il rinnovo in deroga
Nella tabella sono evidenziati i contratti collettivi nazionali che hanno quantificato la durata della nuova assunzione a termine, una volta che tra l'azienda e il dipendente sia già maturato, tra proroghe e rinnovi, un rapporto di lavoro di 36 mesi. La deroga, firmata alla direzione provinciale del lavoro, va da otto a 12 mesi. Il contratto dei metalmeccanici, rinnovato nel gennaio 2008, all'indomani della legge 247 (che ha definito il limite dei 36 mesi), ha individuato la durata della proroga "eccezionale" in modo indiretto: «i lavoratori che abbiano svolto presso la stessa azienda, con mansioni equivalenti, sia periodi di lavoro con rapporto di lavoro a termine sia periodi di lavoro con contratto di somministrazione, acquisiscono il diritto ad essere assunti a tempo indeterminato qualora la somma superi i 44 mesi». Sul limite dei 36 mesi con la circolare 13/2008, il ministero del Lavoro ha spiegato che al tetto si applica la norma "cuscinetto" in base alla quale il contratto si può protrarre per altri 20 giorni (articolo 5, comma 2, Dlgs 368/2001) con il riconoscimento delle compensazioni economiche. In ogni caso, con la nota del 7 maggio 2009, prot. 6689, il ministero del Lavoro ha escluso la maxisanzione per lavoro nero quando il contratto si protrae, nei fatti, oltre i 20 giorni dal termine scritto. Per quantificare i periodi di lavoro a tempo determinato non coincidenti con uno o più mesi, il ministero ha assunto non il calendario comune, ma il valore convenzionale di 30 giorni per un mese. Quindi, se si hanno due contratti a termine, il primo dal 1° gennaio al 20 febbraio e il secondo dal 1° maggio al 20 giugno, il totale di periodi lavorati è di tre mesi (gennaio, maggio e 30 giorni equivalenti a un mese) e 10 giorni (residuo di giorni lavorati oltre i 30). Le mansioni equivalenti, invece, sono state definite dalla Corte di cassazione a sezioni unite, sentenza 25033. L'equivalenza si deve leggere come «pari valore professionale delle mansioni, considerate nella loro oggettività, ma anche come attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l'arricchimento del patrimonio professionale dal lavoratore acquisito nella pregressa fase del rapporto ». Ad esempio, la mansione di addetto all'ufficio acquisti è stata ritenuta equivalente a quella di addetto all'ufficio clienti in funzione dell'arricchimento della seconda attività rispetto alla prima.


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