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Con la direttiva 2009/50 (pubblicata sulla Gazzetta Ue di ieri), la Comunità europea fissa nuove condizioni di ingresso e soggiorno valide, però, solo per i cittadini di Paesi terzi che svolgono un lavoro altamente qualificato. Con l'obiettivo di attrarre cervelli per lavori che richiedono una competenza «specifica e adeguata suffragata da qualifiche professionali superiori» e potenziare così la competitività in linea con la strategia di Lisbona.
Il nuovo sistema, che prenderà il via dal 19 giugno 2011, si basa sulla concessione di una Carta blu che permette al titolare di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato Uee di ottenere parità di trattamento su retribuzione e sicurezza sociale con i cittadini dello Stato. Gli stranieri, escluso chi beneficia di protezione internazionale, dovranno presentare la richiesta della Carta blu alle autorità nazionali allegando un contratto di lavoro valido o un'offerta vincolante per svolgere un'attività altamente qualificata della durata di almeno un anno nello Stato membro interessato, un documento di viaggio valido, un'assicurazione sanitaria e dimostrare che lo stipendio annuale lordo non è inferiore alla soglia salariale fissata dalle autorità nazionali. Per le professioni regolamentate dovrà essere accluso un documento che attesti il rispetto dei requisiti prescritti dalla legge nazionale per l'esercizio della professione specificata nel contratto di lavoro o nell'offerta vincolante. Spetta agli Stati membri – tenuti a rilasciare la Carta entro 90 giorni dalla presentazione della domanda – stabilire un periodo standard di validità del documento che dovrà, in ogni caso, essere compreso tra uno e quattro anni.
Garantita, poi, la migrazione circolare per favorire la mobilità dei lavoratori altamente qualificati. I titolari della Carta, infatti, dopo un soggiorno di 18 mesi nel primo Stato membro potranno spostarsi in un altro Paese Ue. Limitate le possibilità di revoca, confinate ai casi in cui vi siano ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. Resta fuori l'ipotesi di disoccupazione che – chiarisce la direttiva – non è motivo di revoca a meno che non superi tre mesi consecutivi.
Sul fronte dei ricongiungimenti familiari la nuova direttiva introduce deroghe al regime fissato dalla 2003/86 per garantire condizioni più favorevoli e attrarre lavoratori qualificati. Di conseguenza, il ricongiungimento non sarà subordinato alla «fondata aspettativa di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile» o ad un periodo minimo di soggiorno. Resta fermo, però, il diritto degli Stati membri di fissare le quote di ammissione di cittadini di Paesi terzi.