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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 22/06/2009

Nuovo iter anti-sommerso
Sul lavoro sommerso, più spazio alle difese dei datori di lavoro. Il ministero del Lavoro ha ridefinito i requisiti di antigiuridicità dell'impiego non formalizzato di lavoratori. D'ora in avanti, perché il rapporto di lavoro non sia etichettato "in nero", non si sarà più vincolati alla sola dimostrazione di avere effettuato la preventiva comunicazione di assunzione, ma basterà la prova di qualunque altro adempimento obbligatorio, di lavoro e non. Così, non solo la lettera di assunzione mostrata agli ispettori, ma anche il semplice contratto di lavoro, possono salvare dalle conseguenze di un impiego riconosciuto come sommerso. Per l'azienda si tratta di "liberarsi" dal peso di una sanzione amministrativa che parte da circa 4mila euro e dalle conseguenze di un accertamento ispettivo del rapporto di lavoro che viene considerato costituito fin dall'inizio a tempo indeterminato. L'ultima tesi ministeriale reputa quali validi adempimenti anche quelli destinati a soggetti pubblici (ad esempio Questore) diversi da quelli competenti in materia di lavoro. Un'apertura che, soprattutto nei casi di mere negligenze, non può che agevolare le azioni di tutela delle aziende e dei professionisti che le assistono.

In attesa degli annunciati provvedimenti normativi che dovrebbero rivedere la nozione e la disciplina del lavoro sommerso, nonché graduare le attuali (maxi)sanzioni, la definizione di " nero" rimane affidata all'articolo 36-bis, comma 7, legge n. 248/2006 che si riferisce all'«impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria». Una descrizione che, a parere del Lavoro, pure tolti di mezzo i libri di matricola e paga (cosiddetti libri obbligatori) a favore del solo libro unico del lavoro, non appare oggi riducibile alla sola comunicazione telematica di assunzione.

Per la stessa direttiva sui servizi ispettivi del 18 settembre 2008, chi rileva lavoro sommerso deve avere prova, tra l'altro,anche della «mancanza di qualsiasi altra scritturazione, documentazione o comunicazione » relativa ai rapporti di lavoro. Per prassi, tuttavia, la necessità di avere piena certezza del corretto impiego di lavoro ha fatto ritenere agli uffici di vigilanza che l'unico incombente davvero incontrovertibile (cioè non soggetto a manipolazioni successive) sia la comunicazione di assunzione. Una corretta avvertenza operativa che, però, a parere del ministero del Lavoro, pare contrastare con il principio di legalità (articolo 1, legge 689/1981) e il suo corollario di tassatività, dovendosi offrire una lettura più ampia e garantistica del concetto (peraltro non definito per legge) di "scritture o & documentazione obbligatoria".

Recenti pronunce di merito mostrano come vi sia ancor'oggi incertezza su quale genere di prova (presuntiva; vincolata; certa, ma "aperta") del lavoro nero sia da ritenere necessaria. Per esempio, il Tribunale di Venezia (sentenza n. 72/2009) ha affermato l'esistenza "presuntiva" del rapporto di lavoro sommerso di un facchino con un albergo – a parità di prove testimoniali pro e contro l'impiego – sulla base della comparazione della documentazione di lavoro e di quella relativa alle presenze dei clienti relative ai corrispondenti periodi dell'anno in questione e quelli precedenti. Superando la tesi della prova vincolata proposta dalla circolare n. 20/2008, il Lavoro è passato in pochi mesi a una concezione più "aperta" della prova liberatoria. Con argomentazioni che vanno coerentemente estese a ogni situazione lavorativa, è stato così ritenuto che per il lavoro somministrato, a prescindere dalla comunicazione di assunzione, sia sufficiente dimostrare anche la sola consegna al lavoratore da parte dell'agenzia della comunicazione di invio (articolo 21, comma 3, Dlgs n. 276/2003).


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