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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 30/06/2009

L'anzianità passa dalle quote
Al via le nuove regole per andare in pensione di anzianità e rendere l'intero sistema previdenziale più sostenibile. Da domani, 1° luglio, si passa da 58 anni e 35 di contributi (59 per gli autonomi) al sistema delle quote. Lo prevede la riforma Damiano del 2007 (legge 247/07), che ha recepito il protocollo sul Welfare. In particolare, da mercoledì 1° luglio e fino al 31 dicembre 2010, i lavoratori dipendenti possono andare in pensione solo se rispettano «quota 95», che è la somma tra età anagrafica e contributi del lavoratore. Per gli autonomi, invece, la quota da rispettare è «96». Per i dipendenti pubblici e privati, dunque, la quota di partenza sarà «95»: fino al 31 dicembre del 2010, infatti, potranno andare in pensione con 35 anni di contributi e 60 di età o, in alternativa, con 36 di versamenti e non meno di 59 anni. Nel 2011 e 2012, invece, la quota salirà a «96»: l'età minima diventerà 60 anni (se si hanno alle spalle almeno 36 anni di contribuzione) o a 61 anni, se il lavoratore ha effettuato versamenti per solo 35 anni. Infine, dal 1° gennaio del 2013, il terzo, ultimo scatto, con la quota che si assesterà a «97»: l'età minima salirà a 61 anni per chi ha almeno 36 anni di contributi; 62 per chi ha solo 35 anni. Un analogo meccanismo è previsto per gli autonomi (artigiani, commercianti e agricoltori», anche se per queste categorie le tre quote sono più elevate: si parte da «96» da domani fino al 31 dicembre 2010, per passare a «97» nel biennio 2011-2012 e, infine, nel gennaio 2013, scatterà la quota «98». Anche la riforma del 2007, come per le precedenti - Amato ('92); Dini ('95); Prodi ('97), Maroni (04) e, appunto, Damiano - punta a mettere in campo delle soluzioni capaci di rendere il sistema previdenziale più sostenibile, in linea con l'aumento dell'aspettativa di vita. In particolare, il nuovo sistema delle quote va a sostituire lo «scalone», previsto dalla riforma Maroni (legge 243/04). La Maroni, se applicata, dal 1° gennaio 2008 avrebbe fatto passare da 57 a 60 anni il requisito anagrafico per il trattamento anzianità (il cosiddetto «scalone»), per arrivare, dal 2010, a 61 anni per i dipendenti; 62 per gli autonomi. L'ipotesi, in caso di necessità, era di arrivare dal 2014, rispettivamente, a 62 e 63 anni. La necessità di definire un nuovo assetto per la previdenza, verso un equilibrio più sostenibile, soprattutto sotto il profilo dei costi, è stata di recente messa in evidenza anche dall'Ocse. Secondo l'ultimo rapporto dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sui sistemi pensionistici dei maggiori Paesi industrializzati, infatti, in Italia si registra la maggior uscita per le prestazioni previdenziali, pari al 14% del Pil nazionale. Sulla base dei dati 2005, la spesa per le pensioni in Italia totalizza infatti il 14% del Pil, il doppio della media Ocse (7,2%), con un incremento dal 1990 al 2005 del 37,9 per cento. Non solo, le pensioni assorbono il 29% del budget pubblico contro il 16% della media dell'Organizzazione. Non delinea uno scenario più sostenibile la Ragioneria generale dello Stato, che nel suo aggiornamento 2008 sulle tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico prevede che la crescita del rapporto spesa/Pil dal 2008-2010 sarà di circa 1,1 punti percentuali. Intanto nei primi cinque mesi del 2009 sono diminuite le pensioni di anzianità liquidate dall'Inps: gli assegni pagati nel maggio scorso sono stati i 3% circa in meno rispetto allo stesso periodo del 2008.

La tabella di marcia
La prima fase
Da domani, 1° luglio, e fino al 31 dicembre 2010, i lavoratori dipendenti possono andare in pensione solo se viene rispettata la quota «95», somma tra 35 anni di contributi e 60 di età o, in alternativa, tra 36 anni di versamenti e un'età che non può essere inferiore a 59 anni.
Il «secondo tempo»
Nel biennio 2011-2012 le regole per andare in pensione di anzianità cambieranno ancora: la quota sarà pari a «96», il che significa un'età minima che salirà a 60 anni (se si possono far valere almeno 36 anni di contributi) o a 61, nel caso in cui il lavoratori abbia solo 35 anni di versamenti.
La terza fase e gli autonomi
A partire dal 1° gennaio 2013 entrerà a regime la quota «97»: età minima a 61 anni, per coloro che hanno almeno 36 anni di contribuzione; 62 anni almeno di età anagrafica per chi ha solo 35 anni di contributi. Le stesse regole si applicano agli autonomi. Cambia solo la «pesantezza» delle tre quote, che sono, rispettivamente, 96, 97 e 98
I precedenti
Il sistema delle quote è previsto dalla riforma Damiano (legge 247/07), che ha recepito il protocollo sul Welfare. L'obiettivo di far quadrare i conti in materia previdenziale è una costante delle riforme delle pensioni che si sono succedute negli ultimi anni: Amato ('92);Dini ('95);Prodi ('97);Maroni (2004),che non è mai entrata in vigore in quanto cancellata, appunto, dalla Damiano (legge 243/04).

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