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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 15/09/2009

Le ferie nel Paese di origine non precludono la sanatoria
L'interruzione dell'attività lavorativa, anche uscendo dall'Italia, nei tre mesi precedenti al 30 giugno 2009 non fa venire meno la possibilità di accesso alla sanatoria, purché si tratti di ferie che, come tali, vanno computate a tutti gli effetti nel periodo lavorativo. In tal senso, la dichiarazione di responsabilità del datore di lavoro contenuta nel modello EM ne attesta la veridicità. Questo è uno dei chiarimenti contenuto nel documento, a domande e risposte, elaborato dalla fondazione studi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro con il ministero dell'Interno.

Sono arrivate anche conferme ufficiali anche su alcuni dubbi che rimanevano aperti sul passaporto, sul soggetto che può rinunciare alla domanda presentata con il decreto flussi e sull'impossibilità, per il lavoratore, di uscire dall'Italia nel periodo intercorrente fra la presentazione dell'istanza e la convocazione presso lo sportello unico per l'immigrazione.

Lo svolgimento di attività lavorativa nel periodo dal 1°aprile al 30 giugno, requisito indispensabile per la regolarizzazione del lavoratore domestico, è attestato dalla dichiarazione di responsabilità del datore di lavoro, contenuta sia nella domanda da presentare all'Inps, sia in quella inviare online al ministero dell'Interno. In quanto tale non necessita di ulteriore prova e soggiace, in caso di falso, alle sanzioni penali previste dall'articolo 37 del Dpr 394/1999.

Non è possibile, invece, rientrare al Paese d'origine nel periodo che va dalla data della domanda al definitivo possesso del permesso di soggiorno e nemmeno interrompere il rapporto di lavoro, a meno che non si tratti di decesso del datore e subentro nel rapporto da parte di un familiare, ipotesi questa già chiarita in precedenza. Il cambio di datore o l'interruzione del rapporto si reputano possibili, invece, quando il lavoratore sarà stato convocato allo sportello unico, avrà inviato per posta la richiesta del permesso di soggiorno e sarà in possesso della ricevuta della raccomandata (cosiddetto cedolino).

Si tratta di due situazioni delicate che non ammettono aperture trattandosi di un procedimento che lascia in sospeso, fino a iter definito positivamente, procedimenti penali e amministrativi nei confronti delle parti per le violazioni delle norme in materia d'ingresso e soggiorno, nonché di impiego di lavoratori con risvolti finanziari, fiscali e previdenziali.

Altro requisito imprescindibile è il possesso del passaporto (o documento equipollente) valido: se scaduto, andrà rinnovato in attesa della convocazione alllo sportello unico, se smarrito potrà essere sostituito solo da un documento equipollente. Nel documento precedente della Fondazione studi e del ministero dell'Interno, il Viminale si era occupato della possibilità di indicare, sul modello F24 prima e sulla domanda di emersione in seguito, anche i dati di un documento scaduto o che sarebbe scaduto nelle more della convocazione allo sportello unico. In queste ipotesi è previsto che, in sede di appuntamento per la firma del contratto di soggiorno, le parti esibiscano anche la copia del documento indicato nella domanda.

Nuova apertura abche nell'ipotesi in cui il lavoratore, venuto a conoscenza della sanatoria, si sia recato alla propria ambasciata in Italia per chiedere il rilascio del passaporto mai posseduto. Poiché gli estremi del documento vanno indicati nel modello F24 da pagare prima della presentazione dell'istanza, tale lavoratore sarà ammesso alla regolarizzazione.

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