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IL SOLE 24 ORE" del
08/10/2009
Niente espatrio con la ricevuta
La ricevuta che attesta l'invio telematico al ministero dell'Interno della domanda di emersione del lavoro domestico (possibile dal 1° al 30 settembre) non è assimilabile a quella rilasciata dalle poste per la richiesta del permesso di soggiorno: di conseguenza, non consente uscita e ingresso dall'Italia. Con la circolare n. 400 arriva la rigida posizione del Viminale sul valore della ricevuta. Per evitare i rischi legati alla presenza sul territorio di soggetti privi di requisiti e condizioni stabilite dalla norma, l'uscita dall'Italia potrà avvenire solo al completamento delle procedure d'emersione. Sui transiti all'estero erano, invece, apparsi possibilisti i dirigenti ministeriali intervenuti al Forum «Colf&Badanti day» organizzato dal Sole 24 Ore lo scorso 24 settembre in collaborazione con la Fondazione studi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Le parole dei dirigenti lasciavano supporre l'ammissibilità di assenze dal paese anche in attesa della convocazione allo sportello unico dell'immigrazione. Seri motivi, anche legati alla famiglia del lavoratore extraUe, uniti al consenso del datore, sarebbero stati sufficienti a consentire la momentanea interruzione del rapporto di lavoro. Nell'ultima circolare il ministero sostiene che la ricevuta rilasciata dopo la domanda di emersione non presenta caratteri di sicurezza anti-contraffazione. Questo in contraddizione rispetto alla previsione contenuta nella circolare n. 10 del 7 agosto dove si afferma che «la ricevuta avrà codici univoci di identificazione che consentiranno di verificare l'autenticità formale dei dati presenti nella stessa così da contrastare qualsiasi tentativo di falsificazione». La polizia, però, dispone di un portale Web attraverso cui è possibile verificare, sulla base del codice di controllo inserito, la veridicità dei dati presenti sulla ricevuta. Il possesso di questa ricevuta, unitamente a un valido documento di identità, dovrebbe quindi essere sufficiente a identificare il cittadino extraUe in transito alla frontiera. Dire che la posizione del cittadino straniero da regolarizzare non può essere assimilata a quella di chi è entrato in Italia regolarmente munito di visto di ingresso per lavoro o attende il rinnovo del permesso, appare invece condivisibile. Ma l'interesse primario del cittadino extraUe è portare a termine la procedura e ottenere il permesso di soggiorno. Per questo non si comprende questa rigidità. Alla luce anche dei tempi lunghi previsti per la convocazione allo sportello Unico per la firma del contratto di soggiorno: lo stesso ministero stima sette mesi nei casi di uffici con minori carichi di lavoro, e oltre un anno nelle grandi province. Dietro i vincoli dei transiti da e per l'Italia ci sono motivi di ordine pubblico. Ma un'apertura su specifica e motivata richiesta del lavoratore, derivante da accordo tra le parti e vistata dallo sportello unico, potrebbe rappresentare la soluzione a un problema sociale che si presenterà a breve.
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