
da "
IL SOLE 24 ORE" del
23/10/2009
L'inerzia del dipendente «sana» il contratto nullo
Anche quando il termine è illegittimo, il rapporto di lavoro a tempo determinato cessa se risulta che le parti non hanno più avuto interesse a proseguirlo, anche se la prescrizione non è ancora maturata. Con due sentenze ravvicinate la Corte d'appello di Potenza (887/09 e 896/09) ha stroncato le pretese di due ex dipendenti delle Poste che avevano fatto ricorso dopo 7 anni di inerzia. L'assunzione di dipendenti a termine si radica in una previsione transitoria del contratto collettivo, prevista a seguito di una delega ai sindacati per far fronte a un processo di ristrutturazione aziendale, successivamente bollata come illegittima dalla giurisprudenza. Per i giudici di merito, però, l'illegittimità non basta. Infatti, sui contraenti grava sempre un obbligo di comportarsi secondo buona fede senza indurre false aspettative nella controparte. L'accettazione della scadenza del termine senza fare obiezioni, la corresponsione del Tfr, l'impiego presso terzi e il lungo lasso di tempo trascorso prima di intentare l'azione avrebbero indotto nell'azienda la legittima convinzione che il rapporto era da intendersi risolto per entrambi. Soprattutto il periodo di tempo sarebbe «sovradimensionato rispetto alle esigenze di ponderazione e riflessione che una qualsivoglia azione giudiziale impone», dando vita a un decorso che «crea uno iato incompatibile con la volontà di lavorare per la Spa, e soprattutto di continuare in quel medesimo rapporto ». Per la Corte, infatti, «il rapporto a tempo determinato connotato da illegittimità del termine può risolversi per mutuo consenso anche per fatti concludenti ». E il primo è proprio la mancata prosecuzione e l'assenza di proposizione dell'azione giurisdizionale per un lungo lasso di tempo. Così anche «laddove non sia previsto un termine per l'esercizio del diritto, ovvero quest'ultimo sia soggetto a prescrizione, non può prescindersi dall'obbligo di comportarsi secondo buona fede», per cui secondo la Corte d'appello «se nelle more del decorso del tempo si è perduto interesse – abbandonando il diritto reale, di credito, di azione eccetera – il diritto medesimo si è estinto – ancor prima che per volontà di legge – per volontà del titolare che lo ha dimesso dal suo patrimonio». I giudici hanno considerato comunque risolto il vincolo contrattuale, motivandolo con il comportamento concludente del lavoratore. Diversamente, hanno sostenuto, il datore di lavoro resterebbe esposto sine die, anche se sempre nei termini della prescrizione, alle pretese e del prestatore di essere riammesso al lavoro, con un danno evidente.
Ascolta questo testo:
(voce maschile) |
(voce femminile)
ATTENZIONE! Essendo una versione beta, questo lettore
potrebbe non funzionare correttamente con alcune news

Il Patronato EPAS è un servizio della FNA - Federazione Nazionale Agricoltura