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Ritirare l'istanza è autodenuncia
La rinuncia a proseguire nell'iter di regolarizzazione della colf o della badante clandestina equivale, per il datore di lavoro e per il lavoratore, a un'autodenuncia. In questi casi, l'archiviazione della domanda farà venir meno la sospensione delle misure sanzionatorie stabilita con la legge 102/09 che ha introdotto la possibilità di far emergere i lavoratori irregolari e clandestini. Il ministero dell'Interno sceglie, con la nota del 29 ottobre n. 6466, la linea severa nell'interpretare la legge 102/09, a quasi un mese dalla chiusura dei termini per le domande. Sono state poco meno di 300mila le istanze di regolarizzazione dei clandestini, di cui 39mila sono arrivate da famiglie di immigrati. Con la rinuncia viene meno la copertura per le violazioni penali nei confronti del datore (per l'impiego di un lavoratore privo del permesso di soggiorno) e delle colf o della badante (per la situazione di clandestinità). Le sanzioni pecuniarie in materia di lavoro, per il datore, si applicano in misura sia fissa (6mila euro), sia variabile ( 150 euro al giorno a partire dal 1° aprile). Inoltre, sesièdata ospitalità allo straniero, il datore di lavoro dovrà pagare anche la sanzione amministrativa legata alla mancata comunicazione alla questura (320 euro). La presentazione della domanda di emersione, ricorda la circolare, costituisce una sorta di "scudo", che protegge il datore di lavoro e il lavoratore fino alla firma del contratto di soggiorno. Con la firma del contratto allo sportello unico e con l'invio della comunicazione di assunzione all'Inps le sanzioni si estinguono e il rapporto di lavoro può regolarmente proseguire. Da questo momento le parti sono libere di interrompere il rapporto secondo le ordinarie disposizioni di legge e di contratto collettivo. La chiusura anticipata del procedimento di emersione per rinuncia del datore di lavoro fa venir meno gli effetti dello scudo e la domanda di sanatoria finisce per assumere i contorni di una vera e propria autodenuncia. Resta fuori (si veda la «Faq» del ministero dell'Interno n. 60) il rigetto della domanda per lo straniero con precedenti penali, segnalato all'interno del sistema informativo Schengen, condizione difficilmente nota al datore di lavoro (in buona fede). Nel caso di morte della persona assistita (anche se questa non coincide con il datore di lavoro), il datore o il familiare è invece autorizzato a presentare allo sportello unico la rinuncia alla procedura di emersione, che dovrà essere comunque confermata in occasione della convocazione delle parti. Questo non comporterà alcuna conseguenza sanzioanatoria. In quell'occasione sarà consentito a un componente del nucleo familiare assumere direttamente lo straniero modificando, se ritenuto utile, le condizioni del rapporto di lavoro. Qualora i parenti non intendano proseguire il rapporto di lavoro, allo straniero (sempre che qualcuno lo metta a conoscenza della convocazione dello sportello unico) verrà rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, valido per sei mesi, con il quale cercare un nuovo impiego ( anche non domestico). Ma cosa succede se la persona assistita viene trasferita in una casa di cura o in una casa di riposo, e di conseguenza la badante resta senza lavoro? Questa situazione può essere considerata una causa di forza maggiore sopravvenuta (richiesta dalla circolare) per interrompere il rapporto di lavoro? O è comunque necessario presentarsi allo sportello unico per estinguere le sanzioni penali e amministrative?