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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 02/11/2009

Lavoro intermittente: interpelli Ministero del Lavoro
Al contratto di lavoro intermittente si applica, per quanto compatibile, la normativa del lavoro subordinato. A ribadirlo il ministero del Lavoro che, rispondendo a un interpello il 12 ottobre scorso, ha ricordato come a questo contratto non si applica la normativa in materia di lavoro a tempo determinato definita come «fattispecie lavorativa sui generis» le cui causali che ne legittimano l'instaurazione sono già contenute nella legge e/o contrattazione collettiva. La questione riguardava la possibilità di instaurare un contratto di lavoro a chiamata al termine di un analogo contratto stipulato a tempo determinato e già scaduto. Il dubbio risiedeva nella limitazione alla stipula di più contratti di lavoro a tempo determinato contenuta all'articolo 5, comma 3, Dlgs n. 368/2001. Poiché il contratto di lavoro intermittente può essere instaurato sia a tempo determinato, sia a tempo indeterminato, occorre verificare se in caso di stipula a tempo determinato si renda applicabile (anche) la disciplina contenuta nel Dlgs n. 368/2001. La direzione generale per l'attività ispettiva, con interpello n. 72/2009, ha ribadito quanto già evidenziato con circolare n. 4/2005: per il lavoro intermittente non trova applicazione il Dlgs n. 368/2001 e quindi in caso di riassunzione dello stesso lavoratore con contratto di lavoro intermittente, pur se svolto a tempo determinato, non sarà necessario il rispetto del periodo minimo previsto dall'articolo 5, comma 3, dello stesso decreto. Il contratto a chiamata è una particolare tipologia di rapporto di lavoro subordinato che consente prestazioni lavorative discontinue o intermittenti, peraltro limitate ai casi ammessi in via legislativa o dalla contrattazione collettiva. La sua peculiarità è che instaurato il rapporto di lavoro, le obbligazioni delle parti (datore di lavoro per quanto concerne la retribuzione, lavoratore relativamente alla prestazione) insorgono in caso di chiamata. È prevista peraltro la possibilità di concordare una clausola di disponibilità del lavoratore a fronte della quale viene riconosciuta un'indennità a prescindere dalla effettiva prestazione lavorativa. La regolamentazione normativa è contenuta negli articoli da 33 a 40 del Dlgs n. 276/2003.

Il contratto deve essere stipulato in forma scritta a fini della prova e dovrà contenere:

  1. durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto;
  2. luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore (in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo);
  3. il trattamento economico e normativo che spetta al lavoratore per la prestazione eseguita e, se prevista, la relativa indennità di disponibilità;
  4. indicazione delle forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;
  5. i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e dell'indennità di disponibilità;
  6. le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.


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