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Torna indietro    da "IL SOLE 24 ORE" del 09/11/2009

Sentenze previdenziali
Cumulo prestazioni in casi limitati
Il cumulo tra prestazioni a carattere diretto concesse a seguito d'invalidità contratte per causa di lavoro o servizio e prestazioni pensionistiche a carico del ministero dell'Interno, vietato in linea generale dall'articolo 3 della legge n. 407 del 1990, che ha fissato il principio dell'incompatibilità tra prestazione previdenziale e quella assistenziale, è consentito in base alla deroga apportata dal comma primo bis del medesimo articolo della citata legge, introdotto dall'articolo 12 della legge n. 412 del 1991. Ma limitatamente ai casi di attribuzione assistenziale già erogata alla data del 1° gennaio 1992, non essendo sufficiente, in difetto di tale erogazione, che a quella data siano stati accertati i requisiti sanitario ed economico del relativo diritto, attesa l'univocità del testo normativo in questione che fa riferimento letterale alle prestazioni pensionistiche erogate e considerata la ratio della disposizione, volta a evitare un improvviso deterioramento del tenore di vita del beneficiario della doppia attribuzione, con compromissione degli stessi diritti della personalità.

Sì a nuovo recesso per ragioni diverse
Il licenziamento illegittimo intimato a lavoratori per i quali è applicabile la tutela reale, determina un'interruzione di fatto del rapporto di lavoro il quale risulta quiescente. Pertanto la continuità e la permanenza del rapporto lavorativo legittimano l'irrogazione di un secondo licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, ma solo se questo è basato su di una nuova e diversa ragione giustificatrice. Infatti, nel regime di stabilità reale, nel periodo successivo al licenziamento illegittimo e anteriore alla pronuncia giudiziale, il rapporto di lavoro è quiescente ma non estinto.

Riassetto valido se non pretestuoso
In tema di crisi aziendale, il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l'ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione dell'impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa. Ne consegue che non è sindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato.

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