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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 22/12/2009

SPESE MEDICHE, LA CRISI SI FA SENTIRE

Il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) illustra una conseguenza specifica della grave crisi economica: quella relativa al ricorso alle spese mediche. In Italia molte persone sono costrette a ricorrere al Servizio sanitario nazionale per motivi economici, mentre prima si servivano delle strutture private: ciò implica che, a causa della necessità di contenere le spese, tanti italiani decidono di mettersi in lista d’attesa e di rinunciare ai farmaci a pagamento e alle cure del dentista privato. Ma addirittura un italiano su cinque decide di rimandare le cure.

“Il quadro che emerge dal lavoro congiunto del Censis e del Forum per la Ricerca Biomedica deve far riflettere. In tempi di ristrettezza economica -afferma Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- è normale prendere atto di una flessione di questo tipo; ciò che occorre fare è tener sempre ben presente che il cittadino viene prima di tutto e che bisogna andargli incontro. E in questo caso –dice ancora Nesci- è fondamentale evitare il verificarsi di sprechi nella sanità pubblica, che deve essere più efficiente che mai, e migliorare la qualità della prevenzione”.

Alle strutture pubbliche, secondo i dati forniti dal Censis, si rivolge il 35% dei cittadini, percentuale che sale al 40% tra gli anziani. Il 18 % invece ha rinunciato a visite e prestazioni specialistiche, e il 21% ha ridotto l’acquisto di farmaci a pagamento. Infine, alla badante ha rinunciato il 7% degli italiani. L’affollamento delle strutture pubbliche rischia di produrre un notevole allungamento dei tempi e delle liste d’attesa, ma anche un ricorso sempre maggiore a espedienti poco lodevoli per accedere alle prestazioni sanitarie in maniera più rapida, come ad esempio quello di “sfruttare” le conoscenze personali.

Insomma, la realtà descritta invita a una presa di coscienza concreta. Si spera che il servizio sanitario si possa dotare al più presto degli strumenti necessari per “tenere botta” al cospetto di un’inversione di tendenza importante nei numeri, ma anche nelle abitudini degli italiani.


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