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“Il Patronato Epas esprime il proprio cordoglio per tutta la popolazione coinvolta nella catastrofe di Haiti. La notizia del disastro ha sconvolto tutti, e non è facile trovare le parole appropriate per parlare di una vicenda così tragica. Speriamo che la gara di solidarietà partita da tutto il mondo possa ancora salvare tante persone che necessitano di aiuto”. Questo il commento di Denis Nesci, presidente Nazionale del Patronato Epas, all’immane tragedia che ha colpito Port-au-Prince, capitale haitiana.
Il bilancio è ancor ovviamente provvisorio, e forse non si avrà mai la certezza definitiva delle cifre relative alla catastrofe. Ciò che è fuor di dubbio è lo scenario apocalittico che i soccorritori hanno trovato sul posto, e che le telecamere hanno trasportato, con impietoso realismo, dentro le case di tutto il Pianeta. “Tante immagini rimarranno impresse in maniera indelebile nella mente di ognuno di noi- afferma ancora Nesci- accompagnandoci come una ferita che sarà difficile rimarginare. Vedere soprattutto tanti bambini intontiti sotto le macerie, con lo sguardo impaurito e alla ricerca dei genitori che, purtroppo, in tanti casi non rivedranno mai più, è davvero un qualcosa che lascia il segno”. Al grande dolore per quanto è accaduto- prosegue il Presidente Nesci- si aggiunge la preoccupazione per le decine di nostri connazionali presenti sull’isola e di cui non si hanno ancora notizie. Speriamo presto di poter avere la notizia che stanno tutti bene”.
Haiti era già un Paese molto povero, il meno sviluppato dell’intero emisfero settentrionale. Il terremoto che ha distrutto gran parte della sua capitale ha creato danni irreparabili a gran parte delle strutture, oltre ad aver falcidiato una popolazione già duramente provata da fame e povertà. Una parte preponderante nell’aggravare un bilancio che sarebbe stato comunque pesantissimo è imputabile sicuramente alla miriade di costruzioni fatiscenti in cui vivevano molte persone, segno inequivocabile della povertà presente ancora in un’ampia porzione del nostro Pianeta.