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Fa molto discutere l’emendamento al disegno di legge lavoro relativo ai cosiddetti apprendisti-studenti. La norma in questione, approvata in Commissione Lavoro della Camera e sottoposta al voto la prossima settimana, prevede che un ragazzo di 15 anni può assolvere il suo obbligo scolastico anche lavorando con un contratto di apprendistato. Quello che cambia è dunque il modo in cui impiegare l’ultimo anno di studi poiché, formalmente, permane l’obbligo dell’istruzione fino a 16 anni di età.
“L’equivoco, a nostro avviso, nasce da un’interpretazione particolare della proposta in oggetto- sostiene il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci, sempre molto sensibile alle problematiche relative al legame tra scuola e lavoro- poiché comunque l’obbligo della formazione rimane fermo ai 16 anni, senza venire intaccato. Legare l’ultimo anno a possibili stage con contratti di apprendistato in qualche azienda e far valere le ore di lavoro come crediti formativi, è una soluzione che, a nostro avviso, va valutata positivamente, rappresentando un indirizzo alternativo che, se ben utilizzato, può rivelarsi molto costruttivo per i lavoratori del domani”.
Le discussioni relative all’emendamento scaturiscono dalla sensazione, diffusa tra coloro che si definiscono contrari all’iniziativa, che esso sia un passo indietro riguardo i traguardi raggiunti nel campo dell’obbligo scolastico. Ciò che viene segnalato è il rischio che i datori di lavoro possano beneficiare di forza lavoro pagata per mezzo di un contratto per loro poco oneroso, a prezzo di una riduzione degli anni da dedicare all’istruzione scolastica di migliaia di ragazzi. Il ministro Sacconi, che ha espresso grande favore per la proposta, respinge con decisione le critiche, affermando che in tal modo sarà possibile recuperare quei 126mila giovani tra i 14 e i 16 anni che, superata la scuola media, non studiano né lavorano, e che molto spesso anzi vanno ad aumentare il numero di coloro che lavorano in nero.
“Credo che la proposta debba essere valutata con serenità, con senso critico e realismo- dice ancora il Presidente Nesci- soprattutto perché riguarda tanti giovani, cioè coloro che rappresentano la nostra risorsa più preziosa in prospettiva futura. Ovviamente il favore per la proposta è legato indissolubilmente alla necessità che venga svolto un effettivo lavoro di formazione a favore di chi sceglie la strada dell’apprendistato per portare a termine il proprio percorso di istruzione. Bisogna in ogni caso evitare che il ruolo della scuola venga ridimensionato, ma anzi puntare con decisione su un lavoro di raccordo che avvicini sempre più il mondo della scuola a quello del lavoro”.