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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 09/02/2010

LE NEOMAMME, UNA RISORSA IN PIÙ

Una donna in maternità costa, a un’azienda medio-grande, una somma di 23mila euro. O almeno questo è il dato che emerge dall’indagine condotta dall’osservatorio sul diversity management della Sda Bocconi School of Management, che ha preso in esame 134 grandi aziende con più di 300mila dipendenti. A esser più precisi è l’Inps a pagare per 5 mesi l’indennità economica obbligatoria, pari all’80% della retribuzione media giornaliera percepita nell’ultimo mese di lavoro. I costi che gravano sull’azienda si concretizzano per altre vie, riguardando in particolare elementi come affaticamento organizzativo, sostituzione e relativa formazione, reinserimento della neomamma al lavoro, incertezza per la possibile perdita del capitale umano rappresentato dalla lavoratrice.

“Considerare però la gravidanza di una lavoratrice alla stregua di una catastrofe aziendale è comunque un errore enorme- afferma il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- e rappresenta un modo di leggere e interpretare la realtà assolutamente inattendibile e falso. La maternità, se gestita in maniera corretta, può diventare addirittura un beneficio”.

I possibili disagi di costo derivanti dalla maternità sono più facili da ammortizzare se l’azienda è piccola, e tutelare le lavoratrici significa adottare una strategia d’impresa che paga, come dimostra il fatto che, secondo quanto indicano moltissimi studiosi, economisti e sociologi, l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro è stato il contributo più significativo alla crescita dei Paesi sviluppati negli ultimi cento anni. Tuttavia permangono problemi ancora molto diffusi relativamente al reinserimento delle neomamme: il 19% di esse, al nord, rimane senza lavoro, e la percentuale sale fino al 25% al sud.

“Quello delle donne che restano disoccupate dopo esser diventate mamme è un problema reale e di grande importanza- dice ancora il Presidente Epas- e urge trovare delle soluzioni degne di un Paese come il nostro. Si dovrebbe puntare, ad esempio, sul concetto di genitorialità, poiché è giusto che le responsabilità per la crescita del bambino siano suddivise tra entrambi i genitori. A tal fine- aggiunge Nesci- siamo convinti che incentivare la paternità sia un atto doveroso ed equo”.

Soluzioni di questo tipo, in effetti, potrebbero rappresentare delle novità importanti, così come promuovere la possibilità di lavorare da casa per le dipendenti che decidessero di continuare a prestare la propria opera con l’ausilio di un computer e di una linea adsl.
 


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