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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 15/02/2010

PIL-PENSIONI, UN RAPPORTO DIFFICILE

Il dibattito sulle pensioni non è mai stato così intenso, e dall’Italia ha finito per contagiare anche i cosiddetti Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), caratterizzati da realtà economiche alquanto particolari, estendendosi poi al resto d’Europa: tra riformulazione di tabelle di calcolo, ipotesi di varia natura e proposte a metà fra provvedimenti applicabili figli della nuova realtà sociale e provocazioni estreme (si pensi all’emendamento presentato in Gran Bretagna alla Camera dei Lords, con cui si ventilava la possibilità di abolire l’età pensionabile), la discussione è ormai lanciatissima.

“Viviamo in un’epoca in cui il tema delle pensioni è più caldo che mai, per una serie di motivi per nulla facili da gestire”, dice il Presidente Nazionale Epas, Denis Nesci, che aggiunge: “Il miglioramento della qualità della vita ha allungato l’età media relativa alle aspettative di vita, e la contemporanea, continua diminuzione dei tassi di natalità ha inevitabilmente generato un invecchiamento della popolazione. Fenomeni congiunturali, come ad esempio la crisi economica, non fanno altro che allargare il cerchio di un problema che comunque esiste da diversi anni. Davanti a questa realtà- continua ancora il Presidente Epas- è necessario rivedere determinati requisiti relativi all’età pensionabile e ai sistemi di calcolo delle pensioni, progettando al contempo delle strategie di crescita economica efficaci e in grado di non fare collassare il sistema”.

Paradossalmente è il futuro prossimo a preoccupare economisti e studiosi, poiché le previsioni parlano dell’adozione di uno dei sistemi previdenziali più innovativi d’Europa, capace di assicurarne la sostenibilità: si tratta però di un meccanismo adottabile fra quasi trent’anni, a cui bisognerà arrivare dopo una lunga quanto problematica transizione fatta di innumerevoli rischi. Attualmente, per stabilizzare il rapporto tra Pil e spesa pensionistica si calcola che bisognerebbe avviare un ritmo di crescita pari all’1,8% all’anno: si tratta di numeri che l’economia italiana non sembra avere nelle sue corde, considerando che la crescita media del nostro Pil nel periodo 1997-2007 (uno dei più fecondi per la crescita mondiale) è stata pari all’1,4%. La situazione appare dunque molto delicata, anche perché ad oggi le proiezioni sul futuro parlano di importi delle pensioni per i dipendenti che oscillano tra il 48% e il 67% dell’ultima retribuzione.

All’orizzonte dunque non c’è uno scenario troppo incoraggiante, per cui, come dice ancora il Presidente Nesci, “Cercare delle soluzioni nuove e coraggiose diventa sempre più un imperativo importante: la necessità di intervenire si fa sempre più stringente per evitare problemi ancora più gravi di sostenibilità sociale che, se trascurati, potrebbero divenire cronici”.
 


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