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Riparte il discorso sulle pensioni per i lavori usuranti, in virtù della riapertura dei termini della relativa delega, prevista dall’articolo 1 della legge pubblicata in Gazzetta: il Ministro del Lavoro dovrà affrontare subito la questione dei nodi da sciogliere sui lavoratori che potranno beneficiare di un anticipo sulle pensioni di anzianità.
“Il lavoro delle Istituzioni per garantire i diritti previdenziali di tutti i lavoratori è sempre molto complesso- dice il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- e far quadrare i conti è un’attività delicatissima, in quanto bisogna necessariamente destreggiarsi fra meccanismi per nulla agevoli. Siamo comunque fiduciosi sul fatto che le norme in vigore e le misure adottate siano in grado di tutelare a dovere tutte le categorie, anche quella dei lavoratori alle prese con attività usuranti”.
La commissione Lavoro di Montecitorio ha provveduto ad inserire i criteri di priorità, che rappresenteranno l’ago della bilancia nell’ipotesi in cui tra le domande presentate e le risorse stanziate si verifichino degli scostamenti, soprattutto in conseguenza della clausola di salvaguardia dei conti pubblici inserita al Senato. Il varo del decreto legislativo ha un termine di tre mesi, periodo entro il quale i tecnici del ministero avranno il compito di fare chiarezza su i diversi punti critici presenti. Fra le “zone oscure” in materia di lavori usuranti, un posto particolare spetta sicuramente al lavoro notturno, attorno al quale le valutazioni sono parecchio discordanti.
Il decreto legislativo prevedeva la riduzione del requisito di età anagrafica per non più di 12 mesi a favore dei lavoratori con un numero di notti lavorative compreso tra 64 e 71 in un anno, di 24 mesi per un minimo di 72 e un massimo di 77 notti, e di 36 mesi per chi lavorasse almeno 78 notti all’anno. Questi numeri, secondo coloro che criticavano lo schema del vecchio dlgs, finivano per comprendere un numero esagerato di potenziali beneficiari rispetto alla normativa sul lavoro notturno, regolata dal decreto legislativo n.66 del 2003, la quale precisava che per lavoratore notturno, in assenza di accordi collettivi, doveva considerarsi colui il quale lavora almeno 80 notti l’anno. Gli aspetti da chiarire sono comunque numerosi, e riguardano anche la fase transitoria di applicazione della norma, il numero dei soggetti interessati in ciascuna categoria di aventi diritto (lavoratori che svolgono attività particolarmente usuranti, addetti alla catena di montaggio, conducenti di mezzi pubblici pesanti per il trasporto di persone, lavoratori notturni) e le risorse disponibili per far fronte a una quantità di richieste per il pensionamento anticipato che si è rivelata superiore rispetto alle stime fatte precedentemente.