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Il binomio donne-lavoro rappresenta forse il nodo sociale più rilevante nel percorso di emancipazione dell’universo femminile. Un intero secolo, il Novecento, è stato consacrato alla lotta per il raggiungimento della parità in tutti i settori, dal diritto di voto in poi (si pensi all’operato delle “suffragette”), ma ancora tanto rimane da fare in molti campi, nonostante gli innegabili e significativi progressi già realizzati.
Gli ostacoli alla completa ed effettiva uguaglianza tra i sessi esistono ancora, radicati in abitudini culturali molto forti e che solo con un paziente lavoro di informazione e son il succedersi delle generazioni sarà possibile erodere ed annullare. Tra tutti le limitazioni che si frappongono alla realizzazione di una realtà che, a detta di tutti, dovrebbe essere ormai indiscutibile, quelle relative al mondo del lavoro emergono in maniera più netta delle altre.
“Continuare lungo il sentiero tracciato in passato è doveroso- dice a nome del Patronato Epas il Presidente Denis Nesci- ed è altrettanto opportuno continuare lungo questa strada, per fare in modo che scompaiano definitivamente delle differenze che, come appare evidente a tutti, non hanno più ragione di esistere”.
A fronte dei tanti miglioramenti, comunque, esistono ancora ampi margini d’azione per invertire del tutto una tendenza alquanto antiquata e anacronistica. È ormai lampante l’inadeguatezza dell’immagine della donna come angelo del focolare, il cui compito principale è quello di accudire la casa e badare al benessere e all’armonia della famiglia: la donna ha ormai, sempre più spesso, una doppia anima, è diventata una lavoratrice che cerca la propria realizzazione professionale al di fuori delle mura domestiche, arricchendo (senza snobbarlo) il ruolo di moglie e madre.
La fotografia dei mutamenti sociali in corso è data dal nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il quale evidenzia i progressi fatti nell’ambito dell’uguaglianza di genere, ma sottolinea come ancora tanto rimane da fare, soprattutto in termini di qualità di impiego e di opportunità: a 15 anni di distanza dalla IV Conferenza Mondiale sulle Donne di Pechino, l’obiettivo della maggiore partecipazione femminile alla forza lavoro è stato raggiunto, ma in parte, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche in relazione alla qualità. Molto spesso le donne si accontentano di lavori precari e sottopagati perché sono gli unici disponibili, specialmente se per loro è necessario conciliare l’occupazione con le responsabilità familiari; inoltre per le donne che perdono un lavoro nei periodi di crisi è più difficile trovarne un altro nel momento in cui si realizza la ripresa economica.
“Nel dedicare un pensiero affettuoso e riconoscente a tutte le donne- aggiunge Nesci- pensiamo che la giornata dell’8 marzo, aldilà del suo significato storico-sociale, rappresenti un momento importante per sottolineare, ancora una volta, l’enorme passo in avanti fatto dalla società da quando si è riuscita a colmare l’enorme lacuna culturale della disuguaglianza tra uomo e donna. Crediamo che in questa data debbano festeggiare non solo le donne- prosegue il Presidente Epas- ma tutti coloro che credono fermamente nel progresso. Detto ciò, speriamo davvero che le differenze ancora esistenti vengano al più presto limate e cancellate, nell’interesse di tutti”.