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Incontro fecondo, quello tenutosi a Roma lo scorso 10 marzo, tra INAIL e Italia Lavoro: il tema è stato il ruolo e la visione strategica delle aziende in relazione al rapporto diretto col tessuto sociale, sulla base di una prospettiva d’insieme più ampia, che non tenga esclusivamente conto delle esigenze di mercato. Spunto di riflessione è stato il preziosissimo concetto di Responsabilità sociale d’impresa, principio di grandissimo spessore socio-economico, che diventa ancora più importante in conseguenza della crisi economico-finanziaria in atto.
“La concezione dell’azienda come cellula di straordinaria importanza per tutto il corpo sociale- ha detto Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- è fondamentale per analizzare compiutamente la misura in cui l’attività di un’impresa incide nel contesto territoriale in cui opera. Il principio di Responsabilità sociale d’impresa è una delle chiavi di lettura più efficaci ed interessanti sviluppati nel settore del lavoro, e ad esso andrebbe dedicata grandissima attenzione da parte di tutti”.
Concetto nato nel 1984, grazie a un saggio del filosofo e insegnante americano Robert Edward Freeman, la Responsabilità sociale d’impresa è sostanzialmente la necessità che le imprese, piccole o grandi che siano, tengano nel debito conto le problematiche di impatto sociale ed etico connesse al proprio operato e alle zone nelle quali agiscono; al centro di questa visione c’è il concetto di “stakeholder”, con cui vengono indicati tutti i portatori di interesse a cui garantire un vantaggio attraverso il lavoro aziendale, e quindi azionisti, finanziatori, clienti, fornitori, collaboratori esterni, ma anche e soprattutto gruppi di interesse esterni, come ad esempio la comunità entro cui l’organizzazione agisce ed interagisce. Già nel 1968 l’economista e accademico italiano Giancarlo Pallavicini, in “Strutture integrate nel sistema distributivo italiano”, aveva affrontato brillantemente l’argomento, proponendo il “metodo della scomposizione dei parametri”, per calcolare i risultati non direttamente economici dell’attività d’impresa.
Nell’ordinamento italiano, la Responsabilità sociale delle imprese è definita dall’articolo 2, comma 1 del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 (Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), in cui si chiarisce che essa è intesa come “Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Proprio a testimonianza dell’accresciuta consapevolezza da parte di tutti della necessità di intervenire in maniera sempre più oculata ed energica nel campo della Responsabilità sociale, si era deciso di creare la “Fondazione sulla responsabilità sociale”, risultato del lavoro congiunto di INAIL, Università Bocconi di Milano e Ministero del Lavoro, e ora si punta ad implementare e perfezionare le misure in questa direzione, andando sempre più al di là delle indicazioni fornite dai numeri fini a se stessi, e sforzandosi di trasformare il concetto in esame da attività aziendale di nicchia ad attività ordinaria, attraverso un atteggiamento culturale consono al valore dell’investimento sociale.
“Il consolidarsi di una responsabilità collettiva implica una condivisione di interessi obbligatoria tra l’azienda e gli altri soggetti che vivono e agiscono nel medesimo tessuto sociale- aggiunge ancora il Presidente Epas- e da questa fusione di impegni e lavoro la comunità non può che trarne vantaggi significativi e durevoli”.