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“Per dare corso alla crescita economica è fondamentale avere un atteggiamento positivo- sostiene Denis Nesci, Presidente Nazionale dell’Epas, ente di Patronato- e dare vita a riforme ormai non più rimandabili. Da una parte è dunque indispensabile intervenire in maniera oculata e decisa, ma dall’altra bisogna avere la forza e la voglia di scommettere sul futuro. La storia insegna che da periodi difficilissimi- aggiunge il Presidente Nesci- c’è sempre la possibilità di uscire per costruire un futuro migliore”.
Quando le macerie della Seconda Guerra Mondiale formavano ancora il panorama dominante di molti Paesi, fra cui il nostro, e non solo relativamente al territorio, ma anche per quel che riguardava la vita civile, la società e l’economia, gli sforzi di tutti erano concentrati sulla ripresa, sul tentativo di far rinascere città devastate e di far rimettere in moto la macchina produttiva.
Quello che avvenne, grazie allo sforzo di tutti e in virtù della contemporanea presenza di molteplici fattori, fu straordinario e rivoluzionario: alle immediate conseguenze della fine del conflitto, sancite da cambiamenti per noi epocali, come il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica e l’entrata in vigore della Costituzione, fecero seguito importantissimi mutamenti relativi alla struttura produttiva e al tessuto economico-sociale: l’incredibile combinazione di novità diede vita a quello che nei libri di storia viene definito “boom economico”. L’Italia, a partire dagli anni ’50, completò la propria trasformazione passando da Paese prevalentemente agricolo e sottosviluppato a Paese industrializzato: furono anni di crescita economica vertiginosa, a cui si accompagnò l’aumento dei tassi di alfabetizzazione e la diffusione della lingua italiana, in parallelo con l’invasione dei mezzi di comunicazione di massa, capaci di dispiegare tutto il loro enorme potenziale comunicativo affiancando la scuola nel ruolo di educatrice linguistica e di veicolo del mutato costume italiano.
Gli anni del boom hanno dunque consegnato alle generazioni successive un’Italia profondamente diversa, figlia di uno sbalorditivo sviluppo i cui ritmi, come era lecito supporre, non potevano essere sostenuti in eterno; gli ultimi decenni sono stati sicuramente meno brillanti, la crescita economica ha subito brusche interruzioni e anche il confronto con tanti altri Paesi è sicuramente a nostro svantaggio. La crisi attuale ha poi messo a nudo i difetti insiti nel nostro sistema, portato per indole a frenare quei cambiamenti strutturali necessari che, all’estero, avvengono con maggiore rapidità. Quello che ora serve è dotarsi di un’organizzazione efficiente per sfruttare le grandi potenzialità che il nostro Paese ha sempre dimostrato di possedere, come testimoniano il ruolo di primo piano che l’Italia ha nell’export in molti settori, la salute e la longevità della popolazione e la diffusione di beni nel nostro Paese: le ricchezze però devono essere lo stimolo per ripartire, e non l’illusione che da noi i problemi non ci sono o che sono facilmente risolvibili in qualunque momento.
“Attuare un piano per la ripresa è fondamentale, poiché una società caratterizzata dal benessere dei suoi cittadini- afferma Nesci- è una società più vivibile e anche più solidale, meno spaesata e meno incline ad appoggiare coloro che promettono cambiamenti cavalcando le paure della gente”.