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“Trovo che il persistere di differenze molto nette e pronunciate- dice Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- fra le diverse categorie di lavoratori, in special modo tra i più giovani, basate su criteri territoriali e legate al sesso degli occupati piuttosto che all’insieme di competenze maturate, sia un motivo di forte preoccupazione per il nostro Paese, e indice del sopravvivere di una mentalità che va assolutamente modificata- aggiunge Nesci- per non mortificare la professionalità e la volontà di tanti giovani”.
Come si sa il gap fra le regioni del Nord e quelle del Mezzogiorno è molto consistente per quel che concerne le strutture e il mondo dell’economia; ma la situazione è particolarmente allarmante anche, e soprattutto, per quel che concerne l’universo lavorativo; a fornire il supporto dei numeri a questa realtà peraltro facile da individuare è una ricerca condotta dal centro Datagiovani per il quotidiano economico più importante d’Italia, Il Sole-24 ore. Lo studio in questione ha provato a sintetizzare l’indice di appetibilità lavorativa giovanile, vale a dire la capacità delle regioni di accentrare su di esse l’accesso al mondo del lavoro delle nuove generazioni.
I parametri presi in esame per la formazione della graduatoria finale sono tre, tutti considerati fondamentali: si tratta della facilità di inserimento, della retribuzione e della stabilità lavorativa. In base all’analisi portata a termine, la Regione dotata dei requisiti migliori è risultata essere il trentino Alto Adige, il cui risultato si è rivelato superiore di 60 punti rispetto alla media nazionale; piazza d’onore invece per il Veneto, seguito dall’Emilia Romagna. Se il podio più ambito va dunque a tre Regioni Settentrionali, le poco lusinghiere ultime posizioni spettano alla Sardegna, alla Calabria e alla Sicilia, con la Puglia subito a ridosso.
I siciliani sono quelli che faticano di più ad avere un contratto, mentre i sardi patiscono troppo nel mantenere il lavoro e nel percepire una retribuzione adeguata; i tassi di disoccupazione al Sud sono poi drammatici (Sicilia 25,5%; Campania 24,1%; Sardegna 23,3%), superiori di gran lunga alla media nazionale del 14,4% riferita agli under 35, e all’incirca uguale a quella riferita agli under 25, che si attesta sul 25%. Relativamente al capitolo stipendi, guidano la classifica Trentino e Liguria e, manco a dirlo, le regioni meridionali sono tutte in fondo.
Altra nota dolente, insieme al divario nord-sud, è il cosiddetto gender pay gap: le donne percepiscono in media stipendi inferiori del 18% rispetto agli uomini tra gli under 35, con punte del 25% al sud. Riguardo al lavoro atipico è la Lombardia quella che ricorre di meno a questa soluzione, col 22% dei contratti rispetto alla media nazionale del 28%, laddove Calabria, Sardegna e Puglia superano il 34%.
“Trovare delle alternative credibili ed efficaci è quanto mai urgente e necessario- afferma ancora Denis Nesci- anche perché esistono dei particolari settori che, specialmente al Sud, possono dar lavoro a tanti giovani: mi viene da pensare al turismo e alle energie rinnovabili, tanto per fare due esempi. In ogni caso- conclude il Presidente Nazionale Epas- la grande risorsa rappresentata dalle nuove leve deve essere messa a frutto, anche con misure istituzionali ad hoc”.