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Le affermazioni del Presidente Epas fotografano alcuni importanti aspetti di una tendenza descritta in maniera accurata dal Censis, la cui elaborazione dei dati raccolti al riguardo fa emergere importanti spunti di riflessione, resi ancor più interessanti dalla attuale grandissima difficoltà a trovare un posto di lavoro. La prima cosa che balza agli occhi è il fatto che la quota di lavoratori stranieri impiegati in occupazioni manuali nel nostro Paese è quasi raddoppiata nel quinquennio che va dal 2005 al 2010: si tratta di un’annotazione di particolare rilievo, anche perché descrive un fenomeno che va in controtendenza con la realtà occupazionale italiana, in netta difficoltà anche negli anni precedenti alla crisi.
Il lavoro tecnico manuale, che rappresenta una fetta consistente del nostro mercato del lavoro, poiché interessa qualcosa come 8,4 milioni di persone, vale a dire il 36,6% degli occupati nella Penisola, incarna uno dei paradossi della nostra nazione: come mai, in un’epoca in cui trovare lavoro diventa una sfida sempre più complicata, migliaia di posti rischiano di restare vacanti? Com’è possibile che domanda e offerta non trovino il modo di incontrarsi permettendo a tanti disoccupati di ricevere un salario garantito?
Alla radice di queste singolari dinamiche risiedono fenomeni particolari: c’è da considerare innanzitutto che per svolgere determinate mansioni occorre avere quantomeno una preparazione di base, e molto spesso le aziende richiedono (praticamente per tutti i lavori) una certa esperienza senza dar modo e tempo ai candidati di apprendere il lavoro sul campo; inoltre, bisogna pensare che molti individui, spinti dalla necessità di trovare urgentemente un’occupazione, provano a farsi assumere anche in settori che nulla hanno a che fare con le competenze acquisite nel corso degli anni o con la preparazione derivata dal proprio percorso formativo, risultando poi inidonei, alla prova dei fatti, ad intraprendere determinati tipi di lavoro; infine, strettamente legato a quest’ultimo aspetto, è innegabile che molte persone preferiscano attendere un impiego più consono alle proprie competenze piuttosto che lavorare come operaio o artigiano.
L’altro lato della medaglia racconta che, a fronte di un interesse decrescente per il lavoro tecnico manuale mostrato dagli italiani anche in un periodo molto delicato come quello odierno, aumenta in maniera esponenziale la presenza di immigrati in questo tipo di attività: i lavoratori stranieri, infatti, sono sempre di più, specialmente in relazione a figure quali gli addetti alle pulizie e gli impiegati nell’edilizia. Si tratta di una considerazione importante anche perché fornisce una risposta semplice e precisa a chi riconduce all’immigrazione il problema della mancanza di lavoro in Italia, affermando con una certa superficialità che gli stranieri rubano il lavoro agli italiani: la realtà parla invece di mansioni che gli italiani non sono disposti a svolgere, sicuramente anche perché la condizioni proposte sono in molti casi al limite dello sfruttamento e finiscono per ingrossare la piaga del lavoro sommerso.
“Crediamo che la ripresa economica del nostro Paese passi obbligatoriamente anche per una nuova cultura del lavoro e del rispetto del lavoro: combattendo il sommerso- è il pensiero di Denis Nesci- e insegnando ai giovani che ogni occupazione onesta è degna di lode, sarebbe di sicuro più facile provare a superare tante difficoltà con cui è alle prese il nostro Paese. Ad ogni modo- conclude il Presidente Nazionale Epas- è sempre fondamentale ricordare che il lavoro deve essere un momento di gratificazione per ogni cittadino: sta anche alla società e al mercato del lavoro trovare le soluzioni più adatte per valorizzare le aspirazioni e le competenze di ogni singolo individuo”.