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L’appello del Presidente Epas illustra in pieno l’attuale momento della nostra società, stretta nella morsa della crisi e incapace di opporre una reazione significativa ai problemi collegati al fenomeno della recessione. Molto spesso sono i numeri forniti dall’Istat a fotografare nel miglio modo possibile la situazione attuale, che definire ormai drammatica non pare affatto esagerato: tra il 2009 e il 2010 sono ben 532 mila i posti di lavoro andati in fumo, col Sud (altra preoccupante consuetudine) in cima a questa triste classifica, con oltre la metà del totale indicato. Ma neanche il Nord se la passa bene, e nel complesso l’Italia si aggiudica il poco ambito riconoscimento di fanalino di coda nell’Unione Europea per quel che riguarda la crescita del Pil, argomento in cui facciamo registrare, nel biennio in questione, il livello di espansione più lento di tutto il decennio.
I segnali preoccupanti, ad ogni modo, non si esauriscono qui: è infatti soprattutto la proiezione futura che lancia segnali per nulla incoraggianti, poiché la crescita dei livelli di attività e della domanda di lavoro non appare così forte ed omogenea da poter rilanciare consumi e redditi e combattere quindi in maniera efficace inattività e disoccupazione. L’occupazione infatti sta crescendo soprattutto nei servizi in cui è più basso il contenuto professionale, e questo aspetto comporta un sottoutilizzo del capitale umano e, di conseguenza, prospettive di sviluppo e di guadagni sempre più basse.
Contrariamente a quanto si possa pensare, i gravi disagi legati alla difficoltà di trovare o conservare un lavoro riguardano indistintamente tutte le classi di età, e a risultare particolarmente colpito è il settore industriale, nonostante l’ampio ricorso a strumenti quali la Cassa Integrazione: proprio questa soluzione è abbastanza emblematica di come sia difficile, in Italia, normalizzare la questione lavoro, poiché solo un lavoratore su due riesce a tornare alla propria occupazione dopo un anno di Cig. Anche in questo caso è il Sud a soffrire maggiormente, poiché è appena il 33,6% dei lavoratori del Mezzogiorno a rientrare sul posto di lavoro dopo un anno di Cassa Integrazione. Accanto a questa analisi che tiene conto delle differenze geografiche all’interno del nostro Paese, emerge come a scontrarsi con i problemi della disoccupazione siano soprattutto le donne e i giovani.
“In tutta Europa- sostiene Denis Nesci- si sta provando a mettere in atto delle iniziative capaci di fronteggiare le conseguenze della crisi e, soprattutto, di far ripartire concretamente l’economia incentivando l’occupazione. Nel nostro Paese, purtroppo, sarebbe necessario intervenire con più energia e precisione nel provare a ridare slancio al nostro sistema economico. Tra i dati comunicati dal rapporto Istat, emerge come il rischio povertà nel nostro Paese riguardi qualcosa come 7 milioni e mezzo di persone: si tratta di numeri a mio modo di vedere inammissibili per un Paese come il nostro- conclude il Presidente Nazionale Epas- e la necessità di intervenire è sempre più stringente”.