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La Legge di conversione n. 111 del 15 luglio 2011, basata sulle disposizioni contenute nel Decreto Legge n. 98 del 6 luglio 2011 riferite alla stabilizzazione finanziaria, si colloca nel complesso disegno normativo che ha cambiato il volto alla previdenza italiana negli ultimi anni, con particolare riferimento alle modifiche intercorse dal maggio 2010 in poi. Si tratta di mutamenti di vasta portata che incideranno in maniera molto significativa sul diritto alla pensione di moltissimi cittadini, innescando tra le altre cose un meccanismo di rincorsa alla pensione che sicuramente farà storcere il naso a tanti lavoratori. Numerosissime saranno in particolare le novità per le lavoratrici: com’è noto, dal 1 gennaio 2012 le dipendenti pubbliche matureranno il requisito pensionistico di vecchiaia a 65 anni, e dal 2020 partirà il percorso di adeguamento anche per le dipendenti del settore privato, percorso che, con aumenti graduali, si concluderà nel 2032, quando anche per queste lavoratrici il requisito di vecchiaia sarà fissato alla soglia dei 65 anni. Questi cambiamenti andranno ad intrecciarsi con quelli previsti per la totalità dei lavoratori, in particolar modo con la decisione di legare l’età per la maturazione del requisito pensionistico alle speranze di vita della popolazione, decisione che entrerà in vigore dal 2013 e non, come era stato stabilito nella Legge 122/2010, dal 2015.
È proprio la situazione delle lavoratrici quella che pare più difficile da gestire perché soggetta a cambiamenti più significativi e, come nel caso delle donne del pubblico impiego, a volte anche drastici. Se l’idea di fondo è quella di parificare la situazione tra i lavoratori indipendentemente dal sesso, è auspicabile che si provveda in tempi brevi a rendere egualitario anche l’insieme dei diritti spettanti alle lavoratrici: persistono ancora infatti differenze relative alla retribuzione anche in caso di mansioni uguali fra uomini e donne, e risulta inoltre difficile garantire a tante donne la possibilità di contare su strutture (come ad esempio asili, la cui quantità è carente su quasi tutto il territorio nazionale, specialmente al sud) in grado di aiutarle nel non facile tentativo di coniugare gli impegni professionali e le ambizioni di carriera con la cura della famiglia e la crescita dei figli.
“Le numerose novità normative degli ultimi anni- dice Denis Nesci- devono ancora essere metabolizzate al meglio dalla popolazione, ed è fondamentale mettere in atto determinate misure affinché i cittadini, e soprattutto le lavoratrici, possano accettare questi cambiamenti senza sentirsi penalizzati oltre misura. Adottare determinati provvedimenti capaci di garantire l’effettiva parità di diritti e doveri tra uomini e donne è a nostro avviso fondamentale- continua il Presidente Nazionale del Patronato Epas- per gestire al meglio il malcontento che serpeggia fra gli italiani riguardo le novità fin qui adottate; in più è necessario dare un segnale forte ai lavoratori operando una riduzione della spesa pubblica attraverso la riduzione degli sprechi e dei privilegi spettanti a determinate fasce della popolazione”.