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L’analisi fatta dal Presidente Epas relativamente all’attuale situazione previdenziale italiana è largamente confermata dai numeri relativi ai pensionamenti nell’anno in corso: il 2011 ha fatto registrare un aumento di oltre il 34% rispetto al 2010 per quel che concerne le pensioni di anzianità del pubblico impiego (precisamente 52.973 rispetto ai 34.477 risultanti al settembre dello scorso anno). In tal senso hanno inciso parecchio le novità apportate nel 2010 e nel 2011, con particolare riferimento alle lavoratrici, protagoniste (loro malgrado) dell’innovazione più radicale, vale a dire il passaggio immediato dell’età del requisito di vecchiaia dai 61 anni del 2011 ai 65 anni dal 2012 in poi, così come richiesto esplicitamente dall’Unione Europea.
Accanto a un provvedimento così repentino, però, convivono altri importanti cambiamenti che spingono sempre più gli italiani a optare per l’uscita anticipata dal lavoro, ossia prima del raggiungimento della fatidica soglia rappresentata dai 65 anni di età (che nel frattempo sono diventati 66 effettivi, per via dell’attesa di 12 mesi introdotta con le finestre mobili della Legge n. 122 del 30 luglio 2010). È difatti impossibile trascurare, come cause di questo consistente aumento di domande per la pensione di anzianità, elementi quali il blocco degli stipendi e lo stop del turnover, oltre che i trasferimenti interni e il blocco della buonuscita. Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che ad ingrossare le fila di chi riceve l’assegno per la pensione di anzianità c’è la schiera dei dipendenti messi forzatamente a riposo al raggiungimento dei 40 anni di contribuzione, in conseguenza del diritto per le amministrazioni di imporre il pensionamento a questi dipendenti, diritto sancito attraverso un’apposita normativa del 2009. Ma più che le riforme già condotte in porto e indicate da specifici provvedimenti normativi, è proprio il rischio di ulteriori interventi per certi versi rivoluzionari a spaventare i lavoratori italiani: non si escludono altri possibili ritocchi alle manovre recentemente approvate, per cui nessun soggetto tra quelli prossimi alla pensione si sente realmente al riparo da altre sorprese.
“La situazione attuale è indubbiamente ingarbugliata, specialmente per gli stessi lavoratori, alle prese molte volte con calcoli particolari per individuare la quota utile o la propria finestra di uscita. Se a tutto ciò- dice Denis Nesci –si aggiunge l’incertezza su quello che l’immediato futuro potrebbe riservare ai lavoratori, è comprensibile come ognuno cerchi di tutelarsi autonomamente puntando alla finestra d’uscita dal lavoro più vicina, senza considerare la possibilità di prolungare la permanenza in servizio. Da parte nostra- conclude il Presidente Nazionale Epas –nel rispetto del nostro ruolo di Ente di Patronato, siamo a disposizione dei cittadini per fornire tutte le informazioni e l’assistenza in materia previdenziale”.