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La pensione di chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 sarà, infatti, interamente calcolata con il sistema contributivo (che si basa appunto su tutti i contributi versati nell’arco della propria vita lavorativa) e di conseguenza maggiori saranno gli anni di servizio e più sostanzioso sarà il trattamento pensionistico.
Questa è la conclusione a cui è giunto uno studio, presentato ieri presso la sede della “Scuola superiore di economia e finanze Ezio Vanoni”, realizzato da Stefano Patriarca l’attuale responsabile dell’area pensioni dell’ufficio studi dell’Inps ed uno degli ideatori del metodo di calcolo contributivo, in qualità di membro tecnico della Commissione incaricata di preparare la riforma Dini nel 1995.
Dal rapporto emerge dunque che la situazione previdenziale dei giovani sarà più rosea, di quanto è stato stimato finora; “semmai il problema è che se la retribuzione è bassa allora la pensione potrebbe non essere sufficiente” - ha messo in evidenza Stefano Patriarca - “ma questo riguarda il mercato del lavoro e non il sistema previdenziale, perché non si possono avere pensioni ricche se le retribuzioni sono povere”.
Secondo Patriarca, ”la vera emergenza non è rappresentata dalle pensioni di un generico universo giovanile, ma dalle condizioni di lavoro di aree ben definite ma drammatiche, a partire dal lavoro nero e dalle nuove partite Iva. È qui che bisogna intervenire”; pertanto il ricorso ai fondi di pensione integrativi si rivela necessario, non tanto per i giovani, quanto per le fasce di lavoratori più deboli.