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“Affinché vengano garantiti equità e rispetto per il lavoratore –dice il Presidente Nazionale Epas, Denis Nesci- è necessario che il rapporto lavorativo sia sancito dalla trasparenza delle parti; è doveroso comunicare, giustificare, esplicitare, da parte del datore di lavoro, il perché abbia deciso di porre fine ad una relazione lavorativa, consentendo così anche al lavoratore stesso di valutare le motivazioni, riflettendo sulle possibili cause e circostanze che hanno portato ad una tale decisione, laddove questo sia possibile.”
Tra le motivazione considerate dalla riforma valide al fine di un licenziamento restano, ad esempio: la soppressione della mansione a cui era addetto il lavoratore, la cancellazione del reparto o dell’ufficio in cui lavora il dipendente, l’introduzione di macchinari che fanno risparmiare sul lavoro umano, esternalizzazione, crisi o difficoltà aziendale, chiusura dell’attività.
“Se da una parte la flessibilità che va a prevalere con le modifiche all’articolo 18 viene considerata come fattore promotore di competitività –dice ancora Nesci- e quindi come possibile impulso per l’occupazione, al contempo vengono espresse diverse preoccupazioni per le motivazioni che potrebbero risultare facilmente aggirabili e, in caso di contenzioso, scontrarsi con le probabili lungaggini burocratiche affidate tipiche dei casi più spinosi. Ad ogni modo –chiude il Presidente Nazionale del Patronato Epas- crediamo che la necessità di rilanciare l’economia debba passare dalla voglia e dal coraggio di investire sui lavoratori, senza metterne in discussione le tutele a cui essi hanno diritto, specialmente in un momento come quello attuale, in cui perdere il lavoro può essere un dramma per molte persone, viste le difficoltà di trovarne uno nuovo”.