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“Torniamo a trattare un fenomeno che, seppur attutito, conferma un impatto significativo sulle famiglie italiane che ne subiscono gli effetti -Afferma il Presidente Nazionale del Patronato Epas- e il problema del lavoro nero, che non garantisce alcuna sicurezza, al contrario priva il lavoratore di qualunque grado di assistenza, resta ancora un punto all’ordine del giorno da valutare, per continuare a ricercare le possibili soluzioni che lo eliminino completamente, a tutto vantaggio della collettività e dei cittadini”.
Scendendo nello specifico, analizzando i vari comparti, ad avere la peggio è il settore dell’agricoltura, con un quarto dell’occupazione che verte in condizioni non conformi alle imposizioni fiscali: 321.000 unità lavorano in maniera irregolare, vale a dire il 24,9% del totale; di seguito si trova il settore dei servizi (13,5%) in cui commercio, alberghi e ristoranti fanno contare 1,2 milioni di unità irregolari. Spostandoci nell'industria la percentuale scende al 6,6% con 419.000 unità di lavoro irregolare; riguardo l’edilizia i lavoratori irregolari sono 218.000 (11,3% del totale).
Nelle tabelle della Relazione si evidenzia che le unità di lavoro irregolari sono prevalentemente dipendenti (2,3 milioni a fronte di 657.000 indipendenti), con il 13,4% di irregolarità tra i dipendenti e il 9,6% tra gli indipendenti.
Il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci, conclude affermando: “La situazione di criticità economica non deve in alcun modo indirizzare i lavoratori ed i datori di lavoro verso una scelta frutto di condizioni irregolari; al contrario, la grande macchina del lavoro, come ricorda la nostra Costituzione, è il fulcro della Repubblica italiana, pertanto non deve essere in alcun modo contagiata da fattori negativi che alterino i principi di legalità e contribuiscano ad ostacolare il pieno rispetto dei diritti e delle tutele a cui hanno diritto i lavoratori”.