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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 14/01/2013

LAVORO: I PATTI GENERAZIONALI OFFRONO NUOVE PROSPETTIVE
“Davanti a tassi di disoccupazione giovanile che si attestano al 37% e oltre –afferma il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- non si può far finta di nulla o limitarsi a dire che l’unica opzione possibile sia quella di aspettare tempi migliori. È assolutamente evidente la necessità di intervenire per tutelare chi si affaccia al mondo del lavoro e in tal senso –continua il Presidente Epas- un ruolo di primaria importanza spetta ad aziende ed enti locali, chiamati a valorizzare i nostri giovani che, nonostante le grandi difficoltà di oggi, rappresentano senza dubbio la più grande risorsa di cui dispone il Paese”.

 
Per sconfiggere l’emergenza lavoro in Italia occorrerà sicuramente un impegno lungo, costante e coraggioso da parte di istituzioni e aziende; difficilmente una singola iniziativa avrà la forza necessaria per invertire la tendenza e guarire il Paese da una malattia che ha radici profonde e che è stata notevolmente aggravata dalla recessione in atto. Tuttavia, non mancano segnali importanti che fanno ben sperare per l’immediato futuro, a partire da una formula che ha preso piede negli ultimi tempi e che proprio nel 2013 potrebbe vivere la sua definitiva consacrazione: si tratta dei patti generazionali.
 
Muovendo proprio dalle analisi preoccupanti sulla situazione attuale, con una popolazione che continua ad invecchiare costantemente e i giovani che fanno sempre più fatica ad emanciparsi dalla famiglia d’origine, senza poter trovare quella indipendenza economica frutto della realizzazione professionale, si è arrivati all’ideazione di un modello che potrebbe sicuramente rappresentare una soluzione valida già nell’immediato. In sostanza, con i patti generazionali si darebbe vita ad accordi che prevedono il passaggio al part-time su basa volontaria per quei lavoratori che si avvicinano alla pensione, con la contemporanea assunzione di giovani in regime di apprendistato o con altri contratti a tempo indeterminato.
 
Qualora le aziende riuscissero a interpretare al meglio questo tipo di organizzazione potrebbero risultarne vantaggi per nulla trascurabili, come ad esempio la possibilità di poter contare sui lavoratori più esperti come formatori per i nuovi assunti. Inoltre, sarebbe possibile mettere in pratica le indicazioni europee riguardo l’invecchiamento attivo della popolazione, operando nel frattempo nel senso di un ricambio generazionale capace di favorire le assunzioni di molti giovani. In tal modo, quindi, le aziende potrebbero dare il via ad una importante opera di ringiovanimento della forza lavoro, senza però perdere le competenze acquisite con l’esperienza dei dipendenti più anziani. Allo stato attuale delle cose le Regioni si stanno attrezzando per affrontare questa nuova sfida, anche se va detto che i fondi a loro disposizione sono davvero ridotti al minimo: 79, 7 milioni di euro che servono però anche per incentivi volti al reinserimento dei lavoratori usciti dal mercato e per bonus occupazionali alle imprese.
 
“Le aziende in grado di coniugare obiettivi importanti quali l’assunzione di giovani e la valorizzazione del personale meno giovane avranno sicuramente una marcia in più –sostiene Denis Nesci- e sapranno far fronte con sempre maggior efficacia alle nuove sfide del mercato del lavoro. Il continuo allontanarsi del momento della pensione per i lavoratori, unito alla grande richiesta di lavoro dei giovani, fa sì che soluzioni di questo tipo siano destinate a diventare il tipo di organizzazione più diffuso nell’universo occupazionale”.
 
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