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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 25/02/2013

AZIENDE IN DIFFICOLTÀ TRA PRESTITI E PRESSIONE FISCALE
Che le aziende italiane ricorrano allo strumento del prestito è una cosa abbastanza normale, addirittura ben augurante in un periodo fatto di ristrettezze e difficoltà economiche: la richiesta di finanziamenti, infatti, potrebbe far pensare soprattutto alla volontà delle imprese di assumersi      coraggiosamente un certo grado di rischio per incrementare la produttività e investire in maniera concreta sull’occupazione. In realtà però, la tendenza attuale è quella di chiedere dei prestiti per fronteggiare le spese fiscali, col risultato che l’indebitamento della maggioranza delle imprese serve solo a pagare le tasse.

 
A raccontare una realtà di certo poco incoraggiante per l’imprenditoria italiana è un sondaggio condotto da Unimpresa, associazione di categoria che ha preso come riferimento circa 130 mila aziende. Il risultato emerso da tale ricerca è che 82 mila aziende, tra quelle prese in esame, sono costrette a ricorrere al prestito per onorare le scadenze imposte dal fisco: si tratta quindi del 63% del totale. Ovviamente, una realtà di questo tipo non giova al tentativo di far ripartire l’economia, impedendo di fatto alle imprese di investire per aiutare la ripresa del Paese.
 
“È noto ormai da tempo che la pressione fiscale è un problema serio per l’economia del nostro Paese –dice Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- e crediamo sia davvero di vitale importanza intervenire sull’argomento con proposte serie ed efficaci. Moltissime aziende si trovano in grave difficoltà e in presenza di certe condizioni diventa impossibile riuscire ad incentivare l’occupazione –aggiunge Nesci- e provare a far ripartire l’economia”.
 
Le difficoltà che da anni pesano sui bilanci delle aziende sono divenute per molte di esse insostenibili nel momento in cui Imu e Irap hanno guadagnato la ribalta; confrontando i dati di Unimpresa e quelli del dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, viene fuori che per fronteggiare le spese legate all’Imu le aziende hanno contratto debiti per quasi 4 miliardi di euro, con gravi ripercussioni soprattutto per il turismo (si pensi all’Imu sugli alberghi), la grande distribuzione e le piccole imprese. Relativamente all’incidenza dell’Irap, va ricordato che l’Imposta regionale sulle attività produttive è dovuta sempre, anche quando i bilanci sono in perdita e in mancanza di utili.
 
“La questione della pressione fiscale su famiglie e aziende continua a essere al centro di polemiche e proposte –dice ancora il Presidente Epas- e questo significa che forse, finalmente, il problema inizia ad essere percepito in tutta la sua gravità. La speranza è che tutto ciò che è stato detto in merito possa portare a un concreto miglioramento della situazione –conclude Denis Nesci- per realizzare un cambiamento che, ne sono certo, porterebbe vantaggi notevoli a tutti, dai lavoratori alle aziende, dai consumatori alla nostra economia nel complesso”.
 
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