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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 19/03/2013

CAOS PENSIONI, TRA MAXI-CONGUAGLI E INCERTEZZA SUI SALVAGUARDATI
Crisi, disoccupazione, difficoltà per aziende e famiglie nel restare a galla nel presente e avere prospettive realmente serene per il futuro: i problemi per i lavoratori di oggi e di domani sono ormai arcinoti e si spera che presto, in qualche modo, i governi dei diversi Paesi possano trovare la quadratura del cerchio e dare impulso ad una nuova fase di crescita economica. Spesso però, al cospetto di questa realtà preoccupante, ci si dimentica dei drammi che riguardano i lavoratori di ieri, di tutti quei cittadini che, dopo una vita di lavoro, mai avrebbero pensato di dover fare i conti con un sistema pensionistico che spesso dà vita a situazioni che non è esagerato definire drammatiche.

 
“Le enormi difficoltà presenti nel mondo dell’occupazione -dice il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- sono sotto gli occhi di tutti ed esigono soluzioni rapide ed efficienti. Tutto ciò però non deve far sì che venga trascurata un’altra serie di problemi -aggiunge Nesci- riconducibili al concetto di welfare, ossia la situazione delle diverse migliaia di cittadini che guardavano alla pensione come ad un momento di serenità guadagnato col lavoro di una vita e che invece si trovano a fare i conti con riforme, leggi lacunose, incertezze legate alla propria posizione fiscale che danno origine a brutte sorprese”.
 
Le numerose riforme previdenziali hanno lasciato parecchi strascichi negativi, relativi non solo all’innalzamento (in molti casi molto brusco) dell’età pensionabile, con un’autentica rivoluzione per quel che concerne i requisiti utili per approdare al pensionamento; tra le conseguenze degli interventi tesi a modificare il panorama della previdenza in Italia, infatti, troviamo parecchie situazioni tuttora in bilico, fatte di incertezza e confusione, specialmente per quel che concerne i concetti di “salvaguardati”, “esodati” e altri termini tecnici entrati ormai a pieno titolo nel vocabolario comune come parole che indicano presagi funesti. Nonostante rassicurazioni, messaggi e comunicazioni di ogni tipo da parte delle massime istituzioni in materia, a partire dal Ministero del Lavoro e finendo all’Inps, la sostanza è che ad oltre un anno dall’ultima riforma non si sono ancora concluse le procedure per la salvaguardia del primo gruppo (65 mila beneficiari) di lavoratori esodati. Ciò che inquieta gli italiani è come, a fronte di una grande celerità nel mettere a punto la riforma, sicuramente penalizzante per i lavoratori e i pensionati, corrisponda una lentezza snervante nello stabilire chi abbia diritto alle prestazioni previdenziali e nell’assicurare ad ognuno il godimento dei diritti acquisiti.
 
Accanto a queste situazioni penalizzanti figlie di interventi legislativi e normativi che è possibile definire “non a misura di cittadino”, ne esistono altre generate da conguagli e misure fiscali non solo pesanti nella loro essenza, ma per di più accompagnate da modalità di attuazione che lasciano senza parole. Moltissimi pensionati, che hanno lavorato come impiegati statali, insegnati, esponenti delle Forze dell’ordine, hanno constatato che l’importo della pensione accreditata sul loro conto è stata pari a 2 euro: l’amara realtà deriva da conguagli di natura fiscale, ma ciò che lascia allibiti è che tutto ciò non sia stato anticipato da alcuna lettera o da qualche avviso. In sostanza, queste persone si sono trovati nelle condizioni di dover affrontare un mese intero senza pensione, senza preavviso e senza la possibilità quindi di rateizzare quanto dovuto al fisco o di prepararsi (per quanto possibile) adottando qualche eventuale contromisura. La richieste di spiegazioni avanzata da questi pensionati, poi, non ha avuto riscontri particolarmente significativi, aggiungendo al danno la beffa di ore e ore spese nella rabbia per quanto accaduto e nell’attesa vana in fila agli sportelli degli enti previdenziali competenti.
 
“Al di là della legittimità degli importi trattenuti -afferma Denis Nesci- reputiamo ingiusto mettere i cittadini in questo tipo di situazioni. Credo che ognuno debba avere il dovere di versare al fisco quanto stabilito dalle leggi, ma che abbia anche il diritto di condurre una vita dignitosa: questi due aspetti non possono entrare in contrasto, e in questi casi specifici credo che sarebbe stato corretto informare per tempo i diretti interessati circa quanto stava avvenendo -conclude il Presidente Nazionale del Patronato Epas- e consentire loro di rateizzare il pagamento, garantendo loro il diritto/dovere di cittadini”.
 
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