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Le parole del Presidente Nesci delineano uno scenario italiano alquanto allarmante che deve fare i conti con problemi ai quali bisognerà trovare al più presto una soluzione, perché in gioco ci sono due aspetti fondamentali che viaggiano su binari paralleli: da una parte la grave condizione in cui versa, purtroppo, l’occupazione giovanile, dall’altra la situazione che invece affligge i pensionati nostrani considerati i più poveri d’Europa. Poco più di sette milioni di pensionati, circa il 45,2% del totale, vive con una pensione inferiore a 1000 euro al mese, mentre il 31% (circa 4,9 milioni di persone) ha redditi da pensione tra i 500 e i 1.000 euro; il 14% dei pensionati, circa due milioni di persone, ha invece un reddito pensionistico (costituito da una o più prestazioni sia previdenziali che assistenziali) addirittura inferiore a 500 euro mensili.
Si tratta di numeri che riassumono la gravità dello stato attuale, piuttosto diversificata in considerazione di due variabili che sembrerebbero incidere notevolmente sul trattamento pensionistico: il sesso risulta un elemento rilevante che ha un certo peso sulla pensione percepita (a fronte di una pensione pari a 1.518 euro per gli uomini, le donne rimangono un passo indietro con 1.053 euro);altre differenze sostanziali sono legate all’ente da cui si percepisce l'assegno, che in media ammonta a 881 euro per le pensioni Inps, a 1.725 di euro per le pensioni ex Inpdap e a 1.175 quello per le pensioni ex-Enpals.
“Ciò di cui bisognerebbe preoccuparsi ora è il buco nelle casse dell’Inps che ammonta a nove miliardi di euro – conclude il Presidente Nazionale dell’Epas – perché se non si studia un modo per frenare questo lento declino si rischia seriamente di comprometterne il patrimonio, passato già dai 41 miliardi del 2011 ai 22 miliardi del 2012”.