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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 23/08/2013

SISTEMA PREVIDENZIALE: LA PAROLA D'ORDINE DEVE ESSERE “EQUITÀ”
Continua la ricerca del sistema pensionistico ideale per il nostro Paese, in grande difficoltà nel mettere a punto un meccanismo armonioso ed equo, capace di coniugare la salute dei conti pubblici con un livello del tenore di vita quanto meno dignitoso per tutti i pensionati. Da settimane ormai si prova a porre rimedio ai clamorosi squilibri degli importi pensionistici denunciati da anni in varie sedi, ma l’operazione è tutt’altro che semplice e immediata, mentre nel frattempo le esigenze di bilancio hanno obbligato a sacrifici enormi milioni di cittadini duramente provati dalle riforme previdenziali succedutesi negli ultimi tempi.

 
“La necessità di risanare il bilancio pubblico era reale e drammatica –sostiene Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- per cui era assolutamente inevitabile mettere a punto interventi dolorosi per il bene del Paese. D’altra parte però –aggiunge il Presidente Epas- la situazione di tantissimi cittadini è diventata sempre più difficile, e i pensionati e i lavoratori prossimi alla pensione sono sicuramente tra coloro che hanno subito i disagi più gravi con l’introduzione di riforme e cambiamenti di ampia portata”.
 
La rivoluzione del sistema pensionistico, in realtà, è un processo che ha indubbiamente vissuto momenti decisivi negli ultimi anni, a partire della Legge n. 122 del 2010 fino ad arrivare alla Riforma Fornero e passando per gli altri provvedimenti normativi di questo periodo, ma i cui inizi sono sostanzialmente riconducibili alla Riforma Dini del 1995, con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per chi aveva maturato, all’epoca, meno di 18 anni di contributi versati. La distanza fra chi percepisce una pensione col vecchi sistema retributivo e chi invece è rientrato nel calcolo contributivo è sempre più distante, con pensioni molto alte per i primi e spesso eccessivamente basse per i secondi. 
 
Di recente la Corte Costituzionale ha bocciato l’ipotesi del prelievo di solidarietà sulle pensioni superiori ai 90 mila euro annui, per cui il Governo è al lavoro per scovare soluzioni alternative: gli obiettivi principali sono quello di alzare le pensioni più basse e di indirizzare nuove risorse sul sempre troppo risicato sistema del Welfare. Per giungere a questi difficili traguardi si stanno battendo prevalentemente due strade: la prima è quella di rendere strutturale il blocco delle perequazioni più elevate, ossia di rendere definitivo il blocco temporaneo (del 2011, ad opera del Governo Monti) delle rivalutazioni per gli assegni pensionistici più alti, misura minimale che però dovrebbe produrre effetti importanti già nel medio periodo. La seconda strada su cui è impegnato l’Esecutivo è la creazione di un fondo di solidarietà che possa finanziare l’aumento delle pensioni più basse fino a portarle al raggiungimento di una soglia minima da garantire a tutti i cittadini: tale fondo dovrebbe essere alimentato dai prelievi esercitati sulle pensioni più alte, e potrebbe aggirare l’ostacolo di costituzionalità evidenziato dalla Corte, poiché non rappresenterebbe una nuova tassa ma un nuovo meccanismo atto a riequilibrare l’intero sistema previdenziale.
 
“Di sicuro occorre dare un nuovo volto, improntato all’equità, all’intero sistema pensionistico italiano –commenta il Presidente Nazionale Epas- ed è doveroso trovare il modo di far sì che il momento della pensione non diventi, per chi ha lavorato per tutta una vita, un momento di ansia e di preoccupazione. Attendiamo dunque con fiducia i provvedimenti delle prossime settimane –conclude Nesci- ribadendo la necessità che le esigenze di cittadini e lavoratori vengano tenute nella giusta considerazione”.
 
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