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Torna indietro    da "EPAS NOTIZIE" del 22/10/2013

RISULTATI POCO SODDISFACENTI PER IL BONUS ASSUNZIONI
“Le iniziative volte a incentivare l’occupazione possono sicuramente rappresentare un’opportunità importante per molte persone in difficoltà –è il pensiero del Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- e sicuramente anche le aziende potrebbero trarre notevoli benefici da queste situazioni. Detto ciò però –continua Nesci- non bisogna commettere l’errore di illudersi che misure di questo genere siano la soluzione principale al dramma della disoccupazione giovanile, poiché la dimensione del problema in questione richiede interventi più ampi e strutturati”.

Negli ultimi tempi, davanti al persistere di cifre e percentuali da record riconducibili ai livelli di disoccupazione in Italia, il Governo, le altre istituzioni ed enti di vario genere hanno provato a tamponare l’emorragia di posti di lavoro mediante misure aventi come scopo quello di consentire l’impiego di un certo numero di persone appartenenti a categorie in difficoltà, provando al contempo ad alleviare le spese che le aziende avrebbero dovuto sostenere per arruolare tra le proprie fila i nuovi lavoratori. Non tutte le iniziative di questo tenore, però, hanno prodotto i risultati sperati.

La Fondazione Studi ha infatti condotto un’indagine per cercare di capire in che misura il bonus assunzioni introdotto ad agosto abbia riscosso successo tra le aziende operanti sul territorio nazionale. Ricordiamo in breve che tale provvedimento, indicato dal Decreto n. 76 del 28 giugno 2013, convertito poi nella Legge n. 99 del 9 agosto 2013, prevedeva un premio, consistente in uno sgravio fiscale per le imprese, pari ad un terzo della retribuzione (entro il limite massimo di 650 euro al mese) per le assunzioni effettuate nel periodo compreso fra il 7 agosto 2013 e il 30 giugno 2015. Secondo quanto comunicato dalla Fondazione, però, l’iniziativa in questione si è rivelata scarsamente d’impatto per le aziende, poiché in media solo 1 su 4 ha utilizzato tale bonus.
 
I motivi alla base di questo parziale insuccesso sono da ricercare in diversi fattori. Il limite di età fissato a 29 ani, ad esempio, ha di molto limitato le possibilità di reperire candidati idonei e in tal senso le imprese affermano che il tetto dei 35 anni sarebbe stato sicuramente più consono allo scopo; inoltre tale bonus, per quanto potenzialmente favorevole, è di sicuro meno vantaggioso di altre misure già esistenti, specialmente nel Mezzogiorno, come ad esempio la Legge n. 407 del 29 dicembre 1990, la cui durata è di 36 mesi, quindi di gran lunga superiore ai 12/18 mesi indicati dal bonus. L’aspetto che però risalta maggiormente è un altro: le imprese avrebbero necessità di incrementare la produzione e di riprendere una fase di sviluppo che solo attraverso altre iniziative, in primis la riduzione del cuneo fiscale e contributivo, potrebbe realmente concretizzarsi. Infine, ma non meno importante, la questione tecnologica: il software dell’Inps ha creato parecchi disagi a chi ha provato ad accedere al bonus, ennesima dimostrazione di come l’Italia sia in netto ritardo nel campo della banda larga.
 
“Ricorrere a soluzioni particolari destinate a fornire risposte nell’immediato può sicuramente essere lodevole –dice ancora Nesci- ma le vere opportunità possono essere create solo mediante strategie mirate e di ampio respiro. Soluzioni parziali create appositamente –aggiunge il Presidente Epas- possono quindi esser salutate con favore solo a patto che non vengano viste come interventi decisivi per aiutare le aziende a ripartire e per combattere un fenomeno sempre più grave come quello della disoccupazione giovanile”.
 
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