“Le notizie diffuse in questi ultimi giorni riguardo l’incidenza del fisco sulle pensioni italiane –sostiene Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- non possono non far riflettere su una situazione molto delicata, che vede ancora una volta i pensionati al centro di un caso che sembra paradossale. Se è vero che necessità relative ai conti pubblici impongono sacrifici importanti –continua il Presidente Epas- è altrettanto vero che il principio di equità dovrebbe essere sempre salvaguardato dalle Istituzioni, specialmente nei confronti di questa specifica categoria, troppe volte al centro di riforme e decisioni fortemente penalizzanti”.
La realtà dei pensionati italiani torna di nuovo prepotentemente al centro di considerazioni e dibattiti, dopo che uno studio condotto da Confesercenti rivela che la tassazione a cui sono sottoposti i percettori di pensione del nostro Paese rappresenta un caso praticamente unico in Europa. La situazione sarebbe già di per sé molto complicata per i soggetti che hanno terminato la propria carriera lavorativa e sono approdati alla tanto agognata pensione: il potere d’acquisto è calato vistosamente negli ultimi anni, causa un’indicizzazione ridotta o in alcuni casi addirittura assente, mentre i tempi di maturazione dei requisiti utili per la quiescenza si sono allungati a dismisura dopo le numerose riforme intervenute. Come se non bastasse, però, ci ha pensato il fisco ad assestare un colpo se possibile ancor più doloroso alle tasche degli appartenenti a questa categoria particolarmente bistrattata negli ultimi anni.
Da quanto emerge dallo studio sopra menzionato, sono diverse le criticità riconducibili al mondo delle pensioni. I pensionati, ad esempio, sono penalizzati rispetto ai dipendenti per quel che concerne le detrazioni riconosciute; in particolare, chi ha da 75 anni in su beneficia di 57 euro in meno all’anno rispetto ai lavoratori dipendenti, mentre la differenza sale a 115 euro all’anno per chi ha meno di 75 anni. Tale differenza in realtà crescerà ulteriormente, visto che la Legge di stabilità provvederà ad aumentare le detrazioni per i dipendenti escludendo invece i pensionati. In realtà però il dato che fa sensazione è quello che si deduce dal confronto fra i pensionati italiani e quelli degli altri Stati europei.
Provando a fare qualche esempio che possa chiarire meglio la situazione, un pensionato italiano che percepisce un assegno pari a tre volte il minimo, quindi 19.322 euro annui, si trova a pagare più di 4.000 euro di tasse, considerando Irpef, addizionali comunali e regionali, escludendo quindi altre voci come tasse su casa e rifiuti. Questo dato già di per sé allarmante diventa quasi incredibile se paragonato ad esempio alla realtà tedesca, dove un pensionato nelle medesime condizioni si trova a pagare tasse per un ammontare complessivo di 39 euro. Volendo considerare la Germania come una sorta di paradiso per i pensionati si può paragonare però la realtà italiana a quella di altri Paesi: anche in questo caso, però, il confronto è impietoso, poiché un pensionato spagnolo arriva a pagare di tasse meno della metà rispetto ad uno italiano, un inglese poco più di un terzo e un francese un quarto rispetto alla somma sborsata dai nostri pensionati.
“Siamo sempre più fermamente convinti –afferma ancora il Presidente Nazionale Epas- che occorra agire con una certa urgenza e in maniera concreta su determinate questioni ormai non più rinviabili. Tra queste, indubbiamente, un posto di rilievo è occupato dalla pressione fiscale –conclude Nesci- che continua a minare il potere d’acquisto di pensioni e stipendi in una maniera molto più forte rispetto a quanto accade negli altri Paesi”.
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