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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 10/06/2014

CONTRIBUTIVO PER LE DONNE, ECCO LA SITUAZIONE
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“La quantità e la portata degli interventi normativi sulla pensione –dice il Presidente Nazionale del Patronato Epas, Denis Nesci- sono stati obiettivamente notevoli e hanno creato non pochi scompensi all’intero sistema economico e occupazionale italiano. La situazione dei conti pubblici era davvero drammatica, ma anche le ripercussioni su moltissimi lavoratori ormai prossimi alla pensione –dice ancora il Presidente Epas- sono state indubbiamente pesanti”.

Ritrovarsi a rincorrere affannosamente un risultato che sembrava indiscutibile dopo una vita spesa al lavoro ha per forza di cose spiazzato un’intera generazione, i cui appartenenti sono rimasti in molti casi senza lavoro e senza pensione, a causa dei vuoti normativi lasciati aperti dall’avvicendarsi delle riforme sopra menzionate. Adesso, dopo mesi relativamente “fermi” in ambito previdenziale, ecco che l’idea di nuovi interventi importanti sembra affacciarsi all’orizzonte: niente di definito ancora, ma la sensazione è che nuovi stravolgimenti non siano affatto da escludere. Se alcune categorie di lavoratori sono direttamente interessate a provvedimenti che stanno provando a regolamentare questioni aperte da anni, prima fra tutte quella degli esodati, e altre sono prese in mezzo a discussioni e proposte da definire, come la schiera dei papabili per il prepensionamento, in generale il sistema pensionistico potrebbe essere nuovamente rivisitato globalmente. Il Documento di Economia e Finanza, infatti, sembra esprimere la volontà di intervenire sull’età pensionabile per dar vita ad una previdenza che sappia essere più flessibile, abbandonando le rigidità del passato.

Uno dei temi caldi del momento riguarda l’opzione contributivo per le lavoratrici. In sostanza, la Legge 243/2004 introduceva in via sperimentale la possibilità per le donne di andare in pensione una volta raggiunti i 57 anni di età (58 se autonome) e i 35 anni di contributi: questo vantaggio in termini di tempo è controbilanciato dalla ricezione di un assegno pensionistico più basso rispetto a quello di chi, invece, avrebbe diritto alla pensione calcolata col sistema retributivo. Quindi, col sistema contributivo, le lavoratrici possono andare in pensione prima percependo però un assegno più basso (in media del 15-20%). 
Il punto della questione è questo: tale opzione è stata prevista in via sperimentale fino al 31 dicembre 2015 e da tempo si invoca una proroga che, per vari motivi, non è mai stata realizzata. Per via del meccanismo delle finestre di attesa, molte donne hanno solo poche settimane per decidere cosa fare, per cui una soluzione al problema appare alquanto urgente per fare chiarezza, quantomeno su questa situazione specifica. Ma i nodi da sciogliere in ambito previdenziale, sono diversi e la sensazione è che i prossimi mesi saranno molto vivaci in tal senso.

“La speranza è che qualunque altro intervento in materia previdenziale sappia tener conto anche delle esigenze legittime dei cittadini –afferma Denis Nesci- che non sempre sono stati tutelati a dovere. Nel nostro lavoro siamo quotidianamente alle prese con situazioni davvero delicate –conclude il Presidente Epas- e non si possono ignorare i bisogni reali di migliaia e migliaia di persone che, senza averne colpa, si sono trovati in mezzo a situazioni molto difficili dopo una vita di lavoro”.

 


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