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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 14/10/2014

DISPERSIONE SCOLASTICA, UN FLAGELLO DA DEBELLARE
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“Siamo sempre più convinti del fatto che il futuro inizia a costruirsi da oggi, giorno per giorno –sono le parole di Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- e che è assolutamente impensabile poter credere di risolvere determinati problemi senza un’accurata pianificazione. Tale convinzione, in particolare, vale per il mondo del lavoro, specialmente nel suo essere conseguenza diretta dei processi di formazione e istruzione dei più giovani. Per questo motivo –aggiunge il Presidente del Patronato Epas- è di vitale importanza porre rimedio al dramma della dispersione scolastica, una piaga sociale dai danni incalcolabili per l’intero Paese”.

La gioventù italiana non sembra passarsela molto bene, almeno a dar retta ai numeri che emergono da studi e sondaggi. Se le cifre sulla disoccupazione giovanile vengono tristemente e continuamente aggiornate al rialzo, stabilendo record (negativi) su record, è allarmante anche la percentuale dei cosiddetti neet, ossia di quei ragazzi che non risultano impegnati in attività lavorative o formative di alcun genere; come se non bastasse, arrivano indicazioni preoccupanti anche sul versante della scuola, visto che la dispersione scolastica resta a livelli altissimi, mentre le risorse utilizzate per combatterla sono invece in netta diminuzione.

Il primo dato abbastanza esemplificativo della situazione italiana è rappresentato dal 17% di giovani fra i 18 e i 24 anni fermo al diploma di scuola media, cioè a dire più di 720 mila ragazzi con bassissimo livello d’istruzione e poco qualificati come forza lavoro: solo pochi Paesi stanno peggio di noi come percentuale di dispersi, ossia Turchia, Spagna, Malta, Islanda, Portogallo e Romania, mentre altre nazioni (Germania, Regno Unito, Francia) sono lontanissime dai nostri livelli. E considerando anche gli scarsi progressi fatti registrare dall’Italia nella lotta alla dispersione scolastica, appare veramente complicato raggiungere il traguardo UE 2020, che chiede ai Paesi membri di contenere sotto il 10% il fenomeno dell’abbandono della scuola.

Altra nota dolente è l’esiguità delle risorse a disposizione per combattere questa piaga, che per il 2014/2015 ammontano a 18.458.933: si tratta di somme irrisorie se paragonate ai 53.195.060 euro a disposizione cinque anni prima, praticamente il triplo. Insomma, è sempre più difficile riuscire a mettere in atto strategie efficaci per il rientro degli studenti a rischio e per l’integrazione degli alunni stranieri (aumentati di 150 mila unità in questo lasso di tempo). Effettuare dei tagli alle risorse destinate a combattere la dispersione scolastica significa sottostimare la gravità del problema: si tratta di una strategia poco lungimirante, soprattutto in considerazione del fatto che tale fenomeno può valere addirittura il 6,8% del Pil, ossia più di 100 miliardi di euro all’anno.

“I tagli alle risorse destinate all’istruzione sono sicuramente inopportuni –sostiene Denis Nesci- perché in tal modo si finisce per penalizzare in maniera pesante l’istruzione delle nuove generazioni. Urge trovare rimedi efficaci per arrestare l’espansione di tale problema –conclude il Presidente Nazionale del Patronato Epas- e per consentire al Paese di guardare al futuro con maggiore serenità”.

 


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