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“Da sempre lavoriamo duramente per offrire ai cittadini assistenza previdenziale e sociale in forma gratuita, un duro lavoro che consente agli italiani di trovare risposte ai mille dubbi relativi alle problematiche di disoccupazione, pensione, invalidità, dunque- spiega il Presidente Nazionale dell’Epas, Denis Nesci, - un’attività che richiede un aggiornamento continuo e soprattutto un aiuto concreto a milioni di cittadini che ripongono nel nostro operato la piena fiducia; cosa dovremmo rispondere ai nostri assistiti il prossimo anno quando non ci saranno più fondi sufficienti e saremo costretti a tagliare i servizi?”.
Una considerazione che nasce a seguito delle anticipazioni contenute nella Legge di Stabilità che, oltre ad annunciare ingenti tagli alla sanità, ha previsto un ridimensionamento degli stanziamenti del Ministero del Lavoro agli enti in oggetto.
La manovra suddetta lascia fortemente perplessi, soprattutto in considerazione dell’incremento dell’attività assistenziale registrato negli ultimi anni, tale aumento avrebbe dovuto produrre, di conseguenza, un accrescimento dei finanziamenti concessi agli istituti di patronato ma, come capita spesso nel nostro Paese, si è assistito ad una diminuzione sostanziale che ora rischia di mettere seriamente a rischio l’esistenza stessa.
La bozza, così come formulata, avrebbe delle ricadute inevitabili sull’intero assetto, comportando una riorganizzazione complessiva a livello nazionale degli enti di patronato: attualmente si contano più di 5 mila uffici in Italia e all’estero nel quale sono impiegati 9 mila dipendenti che rischierebbero ora di perdere il posto, un passo indietro rispetto alle promesse del nuovo Governo in merito all’occupazione.
Si è calcolato complessivamente un taglio di circa 150 milioni di euro a fronte dei 430 milioni attuali nel Fondo che, forse non tutti sono a conoscenza, deriva dal contributo sui salari dei lavoratori dipendenti che ora viene ulteriormente ridotto, passando dallo 0,226% allo 0,148%. In merito a ciò vale la pena sottolineare due aspetti fondamentali: la prima valutazione riguarda la spesa destinata a finanziare i patronati che, come si evince, è completamente a carico dei cittadini e non comporta di fatto alcun costo per lo Stato; la seconda invece riguarda la riduzione dell’aliquota che, attestandosi allo 0,148%, avrebbe delle ripercussioni negative non solo sul finanziamento del 2015, ma anche per gli anni successivi.
Non va dimenticato inoltre che il provvedimento va ad aggravare una situazione già instabile per quanto attiene le casse dei patronati, derivante dal mancato pagamento dei saldi per gli anni 2011,2012 e 2013, una condizione che, nonostante tutto, non ha mai avuto ricadute sull’attività e l’assistenza prestata ai cittadini.
“Non ci avvicineremo mai al cosiddetto Stato di benessere finché si continuerà a tagliare su servizi essenziali per la società civile – continua il Presidente Nesci – non è questa la politica che dovrebbe rinnovare il Paese, pertanto siamo pronti a combattere affinché si trovi una soluzione a questo progetto che rischia di fare acqua su tutti i fronti”.