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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 23/12/2014

IN ITALIA I RICERCATORI SONO ANCORA POCO VALORIZZATI
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“In una fase storica in cui purtroppo il nostro Paese si trova a fare i conti con scandali, sprechi, collusioni fra criminalità, imprenditoria e politica, e con ogni tipo di evento avulso dalla legalità, con avvenimenti che risultano ancora più gravi se considerati all’interno del difficile contesto economico che caratterizza purtroppo l’Italia –afferma Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- abbiamo bisogno più che mai di altre notizie, di esempi positivi, di persone capaci di dare speranza ad un Paese intero: fortunatamente –continua Nesci- tali esempi non mancano, ance se spesso riescono a trovare modo di emergere soltanto lontano dai confini nazionali. Molto di frequente, infatti, veniamo a conoscenza di imprese e grandi risultati conseguiti da nostri connazionali, anche molto giovani, che hanno dovuto lasciare l’Italia per trovare quella meritata consacrazione professionale che purtroppo era per loro preclusa nel nostro Paese”.

La categoria dei ricercatori è sicuramente una delle meno tutelate e valorizzate in Italia: si tratta di un patrimonio inestimabile in termini di sapere e di ricchezza che continuiamo a farci sfuggire con imperdonabile leggerezza, uno spreco di risorse delittuoso che risulta autolesionista soprattutto oggi, in un momento in cui proprio le idee nuove e la competenza nei vari campi del sapere potrebbero essere l’arma fondamentale per abbandonare la crisi, per provare a render concreta una ripresa economica che continua beffardamente ad allontanarsi dal nostro orizzonte. Un esempio lampante di tale situazione, al limite tra paradossale e grottesca, è appunto la fuga di tanti cervelli nobili dal nostro Paese, di persone cioè che hanno vinto una borsa di studio da 1,5 milioni di euro e che decidono però di portare tale riconoscimento, insieme ad un patrimonio di conoscenze e competenze di valore ancora più alto, lontano dagli italici confini. 

Nella classifica dei progetti selezionati dal Consiglio Europeo della ricerca l’Italia si piazza ad un onorevolissimo nono posto, con 28 vincitori: di questi però, solo 10 rimarranno in Italia. Si tratta di un dato preoccupante, come dimostra il fatto che, ad esempio, in Germania solo 21 su 68 abbandoneranno il proprio Paese, e in Francia solo 5 su 36 cercheranno fortuna all’estero. Ma perché accade questo? Alla base del fenomeno che spinge i ricercatori ad andare via dall’Italia troviamo il fatto che altri Paesi sono disposti ad integrare le somme elargite dalle borse di studio con altri contributi, puntando cioè ad investimenti che avranno inevitabilmente ritorni molto importanti; inoltre, l’Italia è un Paese quanto mai ostico per chi intenda far carriera o assicurarsi una certa libertà nella ricerca scientifica. Peccato, perché tanti ricercatori italiani sarebbero ben felici di poter lavorare nel proprio Paese: ovviamente però, davanti all’incubo della precarietà, ad un lavoro che spesso non viene riconosciuto adeguatamente e che non offre i dovuti sbocchi, molti decidono, seppur a malincuore, di emigrare verso Paesi capaci di valorizzarli adeguatamente.

“È un vero peccato che molti validissimi nostri connazionali debbano fare le valigie per trovare altrove quello che l’Italia non sa loro offrire –è l’amara constatazione di Denis Nesci- ed è incredibile pensare che proprio di un apporto di questo genere l’Italia avrebbe abbondantemente bisogno. Puntare sulla ricerca, sullo sviluppo, sull’innovazione e, partendo ancor più da lontano, sull’istruzione e sulla scuola –aggiunge il Presidente Epas- è qualcosa di cui il nostro Paese non può proprio fare a meno: occorre avere la necessaria lungimiranza per capire che ogni investimento capace di migliorare l’efficienza di questi settori rappresenta una scelta giusta e, anzi, necessaria”.

 


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