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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 20/01/2015

LA CRISI HA ALLARGATO LE DISTANZE SOCIO-ECONOMICHE TRA I CITTADINI
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“Le disuguaglianze sociali ed economiche –dice Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- rappresentano una realtà presente in qualunque Paese del mondo, per quanto tale realtà sia percepita spesso come un’ingiustizia. Ciò che sicuramente rende molto più difficile accettare tale stato di cose è la crescita costante delle differenze fra chi ha molto, moltissimo, e chi invece ha sempre meno ed è costretto –continua Nesci- a privarsi anche dell’indispensabile. Il quadro che viene fuori dall’analisi della situazione italiana è davvero, per molti versi, imbarazzante. Occorre porre rimedio a fenomeni di iniquità sociale clamorosi come quelli che caratterizzano, purtroppo, il nostro Paese”.

La crisi è indubbiamente un fenomeno dagli effetti devastanti per la collettività, anche se poi nella realtà dei fatti la portata di tali effetti nefasti non è uguale per tutti. Se la recessione si è abbattuta con la forza di un ciclone sulla vita di alcune categorie, fino a stravolgerne ogni certezza, per altre l’impatto, seppur preoccupante, è stato meno traumatico; esiste però una sorta di isola felice in cui gli effetti della crisi sono arrivati totalmente depotenziati della loro carica negativa, portando anzi con sé effetti positivi addirittura in grado di migliorare il patrimonio dei suoi ideali “abitanti”. A partire dal 2008, infatti, anno che segna ufficialmente la comparsa dello spettro che continua ancora oggi a seminare difficoltà e paure, è avvenuto un fenomeno assai particolare: a fronte di un calo generalizzato (e cospicuo) della ricchezza globale del Paese, una piccolissima parte della popolazione ha visto crescere in maniera imperiosa i propri redditi. 

Le dimensioni enormi di tale tendenza sono facilmente comprensibili se si valutano alcuni dati: nel 2008, la ricchezza netta accumulata dal 30% degli italiani più povero, ossia da 18,1 milioni di persone, corrispondeva al doppio di quella accumulata dalle dieci famiglie più ricche del Paese (114 miliardi di euro contro 58, considerando immobili, risparmi e denaro liquido); nel 2013, quella che appariva già come un’evidente sproporzione si trasforma in una fantascientifica forbice, visto che il patrimonio delle dieci famiglie più ricche (che non sono le stesse dieci famiglie del 2008) ha superato quello del 30% degli italiani meno abbienti (98 miliardi di euro contro 96). In termini percentuali, se il patrimonio totale delle dieci famiglie più facoltose è cresciuto di quasi il 70%, quello complessivo di 18 milioni di persone (le più povere del Paese), già estremamente risicato, ha compiuto l’impresa di ridursi ulteriormente del 20%.

“Davanti a dati di tale portata –è il pensiero di Denis Nesci- occorre fermarsi a riflettere e capire cosa si può fare per andare incontro a chi è sempre più in difficoltà. Il numero di cittadini che scivolano verso la povertà continua ad aumentare e per queste famiglie diventa sempre più difficile accettare ulteriori sacrifici soprattutto se, contemporaneamente, la ricchezza di pochi cresce in maniera esponenziale. Provvedimenti e iniziative delle istituzioni –continua il Presidente del Patronato Epas- dovranno, nei prossimi mesi, riuscire nel difficile compito di accorciare tali differenze di ricchezza, nonché a dare speranze e serenità a quelle larghissime fasce di popolazione ancora oggi alle prese con disoccupazione, diminuzione del potere d’acquisto e con un presente estremamente complicato”.

 


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