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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 13/02/2015

IN ITALIA COSTI DEL LAVORO TROPPO ELEVATI
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“Purtroppo ad oggi il costo del lavoro in Italia –dice Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- ha assunto livelli elevatissimi, creando una serie incredibile di difficoltà, sia alle aziende, sia a chi un lavoro lo cerca da molto tempo con scarsi risultati. Tali problemi si riflettono inevitabilmente sull’intero sistema economico e su tutto il tessuto imprenditoriale italiano e i risultati –aggiunge Nesci- sono impietosi e sotto gli occhi di tutti. È evidente che strategie, misure normative, provvedimenti, investimenti e qualunque altra iniziativa presa da chi di dovere nei prossimi mesi debba avere come assoluta priorità la riduzione di questi costi insostenibili, elemento alla base della paralisi che ha colpito il Paese e che stiamo facendo una fatica incredibile a superare”.

Il dramma della disoccupazione, che nel nostro Paese ha assunto proporzioni che definire preoccupanti è ormai un eufemismo, ha purtroppo basi solide su cui poggiarsi e continuare a proliferare, a meno che non si intervenga in maniera incisiva per cambiare il corso delle cose. Uno degli elementi che più ostacola la reale crescita del Paese è senza dubbio l’elevatissimo costo del lavoro, come traspare da una recente indagine di respiro mondiale condotta da Verisk Maplecroft, società internazionale di ricerca strategica e analisi dei rischi. Lo studio, nominato Labour Costs Index 2015, mette in luce l’esosità delle assunzioni nostrane, evidenziando come l’Italia sia uno dei luoghi più costosi per l’assunzione di nuovi lavoratori, nonché uno dei mercati occupazionali meno competitivi del mondo. 

In particolare, l’indagine in questione valuta il livello di competitività mediante la combinazione di fattori quali costi salariali, rapporto tra stipendio e produttività e oneri di vario tipo che gravano sulle aziende che assumono. In realtà sono le economie avanzate a dominare la graduatoria dei costi, poiché maggiori diritti dei lavoratori implicano salari mini più elevati rispetto a quelli dei Paesi meno sviluppati, nonché una serie di tutele previdenziali sconosciute per gli altri Paesi.  Soffermandoci però sui Paesi dell’area Ocse, scopriamo che comunque l’Italia è in cima alla classifica a causa di voci quali il cuneo fiscale elevatissimo (ossia la differenza fra il costo che il datore di lavoro è chiamato a sostenere e la retribuzione netta appannaggio del lavoratore) e un risultato per nulla brillante nel rapporto fra salario minimo e valore aggiunto generato dai singoli lavoratori. 

“Molto spesso si pensa che le aziende non assumano nuovi lavoratori perché non hanno la volontà di investire –è la considerazione di Denis Nesci- ma in realtà il mercato occupazionale è sostanzialmente bloccato, immobile, perché i costi del lavoro in Italia rappresentano un ostacolo insormontabile per tantissime imprese. Per restare competitivi sul mercato, specialmente in una prospettiva internazionale, occorre poter investire su tante diverse voci che incidono sul bilancio; se però –conclude il Presidente dell’Epas- il costo dei dipendenti raggiunge livelli sensazionali, come quelli che attualmente troviamo in Italia, per ogni azienda diventa veramente arduo riuscire ad assumere, dare un contributo concreto alla lotta alla disoccupazione ma anche restare a galla nel mercato. Un intervento efficace delle Istituzioni è di vitale importanza se si vuole davvero incentivare l’assunzione dei lavoratori e se si vuole salvaguardare il futuro di migliaia e migliaia di imprese italiane”. 

 


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