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Torna indietro    da "REDAZIONE EPAS" del 30/03/2015

COSTO DEL LAVORO: IN EUROPA PERMANGONO GRANDI DIFFERENZE FRA I DIVERSI PAESI
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“Tra i principali problemi da risolvere in ambito occupazionale –afferma Denis Nesci, Presidente Nazionale del Patronato Epas- rientra sicuramente quello del costo del lavoro. Se si riuscisse a mettere le aziende in condizione di non affrontare costi eccessivi da questo punto di vista –continua Nesci- sicuramente i dati nazionali relativi al mondo del lavoro cambierebbero radicalmente. È vero che si sta provando a incentivare le assunzioni mediante l’introduzione di importanti sgravi fiscali a beneficio delle aziende che impiegano nuovo personale, ma la speranza è che i provvedimenti normativi possano imprimere un cambiamento ancora più deciso e più rapido per contrastare, in maniera ancora più efficace, il dramma della disoccupazione”.

L’Eurostat, ossia l’Istituto di statistica dell’Unione Europea, offre un quadro interessante riguardo al costo del lavoro nei vari Paesi del Vecchio Continente, individuando anche importanti differenze fra i diversi Stati. Ciò che emerge in maniera abbastanza netta è il persistere di situazioni diametralmente opposte, segno che l’Europa non è ancora effettivamente e pienamente un soggetto unitario, perlomeno in alcuni ambiti. La cartina del costo del lavoro, infatti, disegna una situazione molto variegata, nella quale l’Italia si colloca più o meno a metà della graduatoria, per via della presenza di Paesi molto più cari al riguardo e di altri decisamente meno costosi.

La palma del Paese col più alto costo del lavoro spetta alla Danimarca, dove in media un’ora di lavoro costa ad un’azienda 40,3 euro; agli antipodi troviamo la Bulgaria, con un costo orario medio di 3,8 euro. L’Italia, col suo costo orario medio di 28,3 euro, si piazza al di sotto della media dell’Eurozona (che si attesta a 29 euro) ma al di sopra della media UE, pari a 24,6 euro: quest’ultima infatti comprende Paesi decisamente meno cari per le imprese che, non a caso, decidono di delocalizzare in questi Stati. 

Interessante anche notare come in Italia il costo del lavoro sia determinato per il 28,2% da fattori non legati allo stipendio dei dipendenti (si pensi, ad esempio, ai contributi pagati ai lavoratori). Se la Francia sta peggio di noi in tal senso, piazzandosi in testa a questa poco edificante graduatoria col 33,1%, la Germania sta decisamente meglio, con il 22,3%: l’incidenza di costi diversi dagli stipendi sul totale del costo del lavoro è in assoluto più bassa in Paesi come Malta (6,9%) e Danimarca (13,1%).

“Intervenire sul costo del lavoro, per limitare il più possibile l’incidenza di fattori diversi dallo stipendio –dice ancora Denis Nesci- è una priorità di grande importanza per il nostro Paese. Molto spesso, infatti, sono proprio i costi eccessivi che paralizzano la crescita e mettono le aziende con le spalle al muro –continua il Presidente Nazionale del Patronato Epas- costituendo un ostacolo insormontabile per tante aziende desiderose di assumere e di crescere, ma impossibilitate a fronteggiare i costi che tali operazioni richiedono”.

 


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