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“I dati diffusi in queste ultime settimane nel settore occupazionale mettono in evidenza una situazione che apre nuove prospettive di dibattito perché, se fino a qualche mese fa era la crisi l’unica giustificazione all’andamento decrescente del tasso di occupazione, oggi le recenti statistiche ci impongono di fare ulteriori valutazioni soprattutto per ciò che riguarda l’occupazione giovanile, infatti, - afferma il Presidente Nazionale dell’Epas, Denis Nesci, - se si mettono a confronto i risultati in rialzo relativi ai posti vacanti nel nostro Paese e il numero sempre crescente dei ragazzi cosiddetti Neet dell’ultimo anno, emerge un aspetto nuovo riconducibile al percorso formativo attuato dal sistema scolastico italiano che non permette ai giovani di specializzarsi alla fine del ciclo di studi, così come avviene negli altri Paesi”.
Le affermazioni del Presidente del Patronato Epas nascono a seguito di un attento studio sui risultati diffusi nell’ultimo periodo per ciò che concerne il mondo del lavoro, in particolare prendendo in considerazione due aspetti rilevanti: la percentuale di Neet e i posti vacanti in Italia.
Per ciò che riguarda il primo aspetto, bisogna innanzitutto sottolineare che il nostro Paese tra il 2006 e il 2015 ha fatto registrare il maggiore incremento a livello Ue nel numero di Neet, i giovani tra i 20 e i 24 anni che non sono impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione, un dato preoccupante se confrontato con Paesi come la Grecia e la Spagna che nonostante abbiano accusato quanto noi la crisi hanno adottato politiche più strutturali in ambito occupazionale.
Un secondo aspetto altrettanto importante è la difficoltà di alcune aziende italiane a trovare profili qualificati, secondo infatti la ricerca condotta dall’Istat sono circa 40mila i posti rimasti vuoti, in particolare nonostante ci sia una forte ricerca di candidati i settori più problematici risultano l’istruzione, la sanità e l'assistenza sociale, nonché le attività artistiche e le altre attività di servizi dove la quota di posti vacanti raggiunge lo 0,7%.
“È necessario rivedere il percorso formativo scolastico italiano per permettere ai ragazzi, attraverso l’alternanza scuola lavoro, di acquisire delle competenze specifiche che possano rispondere alle esigenze delle aziende mettendoli nelle medesime condizioni dei coetanei europei” conclude Nesci.