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Perché ancora per le donne è difficile una collocazione nel mondo del lavoro? Dagli ultimi dati Istat, a nostra disposizione, nel nostro Paese, 6 donne su 10 lavorano part-time, ma non per scelta.
Le donne che lavorano con un contratto a tempo parziale sono il 32,8%, percentuale molto elevata se viene rapportata a quella degli uomini che è invece dell’8%. Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria esplosione di questa tipologia contrattuale, in larga misura involontaria. Tale dato non è tutto italiano, ma la disparità di genere esiste anche nel resto del Vecchio Continente e negli ultimi anni è sicuramente in continua crescita; oltre all’Italia, la percentuale più alta si registra in Francia, Austria, Belgio, Germania, Irlanda Svezia e Regno Unito (addirittura nei Paesi Bassi il part-time femminile si attesta intorno al 60%).
Spesso la scelta di questo tipo d contratto è legata all’impossibilità di conciliare la vita familiare e quella lavorativa, questo purtroppo a causa dei ridotti servizi per l’infanzia. Inoltre sembrerebbe che nel 2018, ben il 78% delle donne abbia rassegnato le dimissioni, un vero e proprio campanello d’allarme se si pensa che tra queste lavoratrici la metà sono maggiormente qualificate.
Esiste ancora purtroppo un’altra discriminazione di genere, non legata alle ore lavorate, ma alla durata dei contratti di lavoro ovvero il 19,6% di donne viene assunto con dei contratti a termine, rispetto al 17,7 % degli uomini, nonostante in media siano più istruite e più qualificate se si guarda alla tipologia di impiego, oltre al fatto che lo stipendio è nettamente inferiore. A tutto questo si aggiungono non solo il licenziamento, ma anche il demansionamento, causato dalla scelta della maternità. Anche l’OCSE lancia l’allarme affermando che l’Italia continua a registrare un tasso di occupazione femminile tra i più bassi in Europa; se da una parte è vero che dagli anni settanta, il tasso di occupazione totale è aumentato, passando dal 33,5% al 47,8%, è comunque molto lontana dal raggiungere la media europea pari al 61,1%.
Le conseguenze negative legate alla scelta (o involontaria scelta) del part-time e alla discontinuità della carriera ricadono non solo sull’importo della futura pensione ma anche sulla possibilità di ottenerla. Gli ultimi dati ci dicono che solo il 36,5% delle donne percepisce una pensione di vecchiaia rispetto al 64,2% degli uomini.
Sicuramente potrebbe essere una soluzione quella di proporre non solo nuovi incentivi, ma anche agevolazioni rispetto al congedo parentale ovvero provando a rafforzare i servizi di assistenza per la cura dei figli poiché potenziando tali prestazioni, si darebbe la possibilità a molte donne di conciliare i tempi di lavoro con la cura della famiglia e di partecipare pienamente al mondo del lavoro, in tutti i settori produttivi.